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Utama – Le terre dimenticate (2022)

Recensione

Utama – Le terre dimenticate: un omaggio alla cultura quechua e un monito sul cambiamento climatico in atto

Utama - Le terre dimenticate

É diretto da Alejandro Lojaza e ha vinto il premio della giuria del Sundance Film Festival “Utama – Le terre dimenticate”, ambientato in una Bolivia desertificata dove vivono poche famiglie di allevatori di lama. La loro economia di sussistenza è basata sull’allevamento di questi animali e su un’agricoltura messa alla prova dalla siccità.

Il cuore di questo macrocosmo lento, dove il tempo sembra essersi fermato, è la coppia di anziani coniugi formata da Virginio e Sisa, soli finché non arriva improvvisamente il nipote Clever dalla città.

La vita scorre lenta in quelle terre aride, dove non piove da mesi e l’acqua è un miraggio. Il regista, facendo uso per lo più d’inquadrature fisse, segue i due personaggi molto diversi tra loro. Sisa è una donna in pace con se stessa al contrario di suo marito, che sente avvicinarsi la morte mentre attraversa gli altopiani andini con le sue bestie. L’arrivo di Clever, con la modernità che lo permea, è la nota mancante a questa sinfonia fatta si silenzio, vento e solitudine. Il ragazzo neanche parla la lingua quechua, eppure s’integra in un mondo che non è il suo.

Alejandro Lojaza porta sul grande schermo il contrasto tra le tradizioni e la modernità

Utama

C’è tanta delicatezza nella regia di “Utama – Le terre dimenticate” e nei toni con cui racconta il lento addio alla vita del vecchio Virgilio.

É lentezza la parola chiave di questo film, che è un piccolo miracolo ai nostri tempi. La morte aleggia sul capo silenzioso di Virginio, che racconta al nipote la leggenda del condor che vola sulle montagne alte quando si sente mancare le forze, le stesse cime dove vanno gli abitanti del villaggio per far arrivare la pioggia.

Il film di Lojaza parla in modo estremamente poetico di cambiamento climatico, non a caso i paesaggi aridi ricordano molto quelli “Il sale della terra” del grande fotografo Sebastiao Salgado.

La colonna sonora stessa è il vento che soffia su quello che appare un deserto dall’alto insieme all’ansimare del vecchio Virginio. Tutto, anche la sua dipartita da questo mondo e dal suo corpo terreno, è all’insegna della natura rappresentata da una montagna di sassi, quelli che il vecchio regalava alla moglie.

“Utama – Le terre dimenticate” è un’opera da gustare lentamente davanti ad un buon the o un bicchiere di vino rosso la sera. I protagonisti non sembrano neanche attori, per quanto sono veri con i loro visi induriti dal sole e gli abiti tradizionali. Non è la prima volta che i registi boliviani raccontano il loro paese e le tradizioni che rischiano di scomparire, e non c’è che dire, Lojaza ci riesce benissimo portando letteralmente lo spettatore in una dimensione quasi onirica alla Don Juan Matus di Castaneda con un volo d’aquila nel cielo azzurro.

Ivana Faranda

 

Trama

  • Regia: Alejandro Loayza Grisi
  • Cast: José Calcina, Luisa Quispe, Candelaria Quispe, Placide Ali, Félix Ticona, Santos Choque, René Calcina, Jorge Yucra Nogales
  • Genere: Drammatico
  • Durata: 87 minuti
  • Produzione: Bolivia, Uruguay, Francia, 2022
  • Distribuzione: Officine Ubu
  • Data di uscita: 20 ottobre 2022

Utama - Le terre dimenticate poster“Utama – Le Terre Dimenticate” è un film del regista boliviano Alejandro Loayza Grisi, selezionato per rappresentare la Bolivia ai premi Oscar 2023.

Utama – Le Terre Dimenticate

Virginio (José Calcina) e Sisa (Luisa Quispe) sono una coppia di anziani che vivono negli altipiani andini inariditi per la mancanza d’acqua. Gli va a fare visita il nipote Clever (Santos Choque) che rompe gli equilibri della loro convivenza.

Note di regia

“Sono nato e cresciuto a La Paz, una città che storicamente ha accolto migranti della popolazione Aymara della vicina campagna dell’Altiplano. La nostra città, le nostre convinzioni e i nostri modi di essere sono stati fortemente segnati dalla convivenza tra la cultura spagnola e quella Aymara. Ma nonostante questa storia, pochissimi dei nostri abitanti sono consapevoli che alcune delle prime grandi vittime del cambiamento climatico sono a pochi chilometri di distanza. Credo che raccontare una storia dal punto di vista di quelle persone a noi molto vicine, che ancora vivono in campagna e affrontano l’agonia di veder scomparire il loro modo di vivere, sia fondamentale per comprendere il costo umano del cambiamento climatico. Ci permette di considerare i danni collaterali del nostro attuale modo di vivere e di ripensare al nostro ruolo di abitanti di La Paz (e di altre città con condizioni simili).”
Alejandro Loayza-Grisi

Trailer

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