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The Sixth Sense – Il sesto senso (1999)

Recensione

The Sixth Sense – Il sesto senso: l’incomunicabilità agli sgoccioli di un secolo

The Sixth Sense - Il sesto senso recensione

Con “The Sixth Sense – Il sesto senso” (1999) acquisirono un nuovo significato i drammi familiari così come le storie di fantasmi, e l’horror ne emerse trasfigurato. Purtroppo, la lezione del capolavoro di Shyamalan è rimasta isolata nel suo insuperabile primo esempio, senza lasciare un’eredità matura al cinema successivo e riducendosi a formula facilmente replicabile nelle altre opere del regista indiano. Eppure, a distanza di oltre vent’anni, la pellicola mantiene una sua indescrivibile magia, complici anche le strepitose prove attoriali di Bruce Willis e, soprattutto, di Haley Joel Osment (voce di una delle più note citazioni del cinema recente: “vedo la gente morta”).

1999: annus mirabilis del cinema contemporaneo?

Il 1999 è ricordato come un anno straordinario per la storia del cinema contemporaneo. Abbiamo già parlato de “Il mistero della strega di Blair” che, con relativa economia di mezzi, riuscì a dare un nuovo inizio alla crepuscolare sensibilità del tempo. Ma i grandi titoli di quell’anno non si limitano alla sfera dell’horror: dalla fantascienza dark di “Matrix” (Andy & Larry Wachowski) alla consacrazione di Paul Thomas Anderson con “Magnolia”; dal cult “Essere John Malkovich” (Spike Jonze) allo stra-cult “Fight Club” (David Fincher); dal gran finale del maestro Kubrick (“Eyes Wide Shut”) al timido inizio delle nuove Guerre Stellari (“Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma”); e la lista potrebbe continuare. Eppure, tra le maggiori sorprese del 1999 ci fu un film sul quale Hollywood non immaginava di poter capitalizzare, affidato alla regia di un allora poco noto artista di origini indiane, con un concept originale che sarebbe però costato il posto a David Vogel, intraprendente produttore che l’aveva rilevato senza passare dai necessari canali della sua casa (la Walt Disney, col suo marchio minore Hollywood Pictures). Fu così che l’horror campione di incassi fino al 2017 (l’anno di “It”, Andy Muschietti) venne rilasciato nelle sale a inizio agosto, nel momento dell’estate tradizionalmente riservato agli anelli deboli dell’industria, le pellicole sulle quali gli Studios non scommettono.

Il marchio M. Night Shyamalan

The Sixth Sense - Il sesto senso review

Manoj Nelliyattu Shyamalan è solo il nome di battesimo di quella che è ormai diventata una figura sovrumana del cinema (artisticamente) “indipendente”, oltre che un marchio a sé stante nel panorama dell’horror contemporaneo, garanzia di ottimi profitti per ogni casa produttrice: M. Night Shyamalan. Il regista, che aveva già dato prova di sé con “Praying with Anger” (1992) e “Ad occhi aperti” (1998), si è dimostrato capace, con “The Sixth Sense – Il sesto senso”, di offrire al mondo un “secondo esordio”, quello per il quale è ancora maggiormente ricordato e celebrato, e che pone le basi dei temi più ricorrenti di tutta la sua opera: dall’insistenza sulle dinamiche psicologiche, che si celano dietro lo spavento e l’orrore, alla passione tutta anni Novanta (oramai un hallmark Shyamalan) per i finali a sorpresa; da un’estetica attenta all’uso calibrato di luci e colori allo studio del rapporto fra generazioni.

Questo stile, personalissimo, raggiunge il proprio apice già nel ’99, offrendo al pubblico un mélange straordinario di dramma familiare e ghost story nella migliore (e rivisitata) tradizione di “Suspense” (J. Clayton, 1961) e “Gli invasati” (R. Wise, 1963), dotandolo di uno straordinario finale che restituisce completezza senza sembrare forzato, turba senza risultare gratuito. Il tutto, sullo sfondo di una trasfigurata Philadelphia, elegante e grigia, che non eccede mai i suoi spazi ma anima le vite dei personaggi, come un fantasma, solo occasionalmente puntuata di quel rosso che segna come un foro nella pellicola, un passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Così, il marchio Shyamalan nasce con un capolavoro, e diventa brand.

La profondità dell’aiuto

Nel film, un gruppo ristretto di persone, incapace di comunicare al suo interno, riesce lentamente a scardinare la porta sigillata del silenzio per respirare, di nuovo, in comunione. “I vivi con i vivi, i morti con i morti”: la massima di Zarije Destanov nel film di poco precedente, “Gatto nero, gatto bianco” (E. Kusturica, 1998), potrebbe bene applicarsi a questa singolare vicenda dove ciascuno cerca di tornare al proprio posto, senza peraltro riuscirvi, se non con l’intervento di una sensibilità eccezionale, che scavalla i mondi proprio perché rifiutata, diversa, indomita rispetto al truce abbrutimento cui la vita quotidiana sottopone i freaks. In questo senso, se c’è moltissimo Spielberg in Shyamalan, c’è anche molto Stephen King (a partire dal “balbuziente Stanley”, interessante crossover).

Di fronte alla tragedia della morte, “The Sixth Sense – Il sesto senso” esplora la possibilità che la cura di chi resta verso chi sparisce possa valere da rinnovata corrispondenza amorosa: l’amore, il ricordo, sono le uniche vie, necessariamente alogiche, per traforare la stoffa scarlatta che ci impedisce di comunicare. E, cosa ancora più notevole, lo spettatore comprende tutto questo insieme ai personaggi: tenuto nel buio per quasi tutta la narrazione sulle vere dinamiche in campo, chi guarda soprassiede sulla latente ombra di incomprensibilità che oscura la storia, e si ritrova solo quando, infine, il Dr. Crowe accetta se stesso e la sua vita, recuperando infine quel sentimento di chiusura di cui aveva bisogno. Curioso, splendido, commovente saluto a un secolo tormentato.

Lorenzo Maselli

Trama

  • Titolo originale: The Sixth Sense
  • Regia: M. Night Shyamalan
  • Cast: Bruce Willis, Haley Joel Osment, Toni Collette, Olivia Williams, Mischa Barton, Donnie Wahlberg, Peter Anthony Tambakis, Jeffrey Zubernis, Bruce Norris, Glenn Fitzgerald, Greg Wood, Trevor Morgan, Angelica Torn, Lisa Summerour, Firdous Bamji
  • Genere: Fantastico, colore
  • Durata: 107 minuti
  • Produzione: USA, 1999

The Sixth Sense - Il sesto senso“The Sixth Sense – Il sesto senso” è un film scritto e diretto da M. Night Shyamalan, inserito nel 2007 all’ottantanovesimo posto nella classifica dei migliori cento film americani di tutti i tempi dall’AFI.

É stato fino al 2017, quando è stato superato da “It“, il film horror con il maggior successo di sempre al botteghino  (672.806.292 dollari).

The Sixth Sense – Il sesto senso: la trama

Il celebrato psicologo dell’infanzia Malcolm Crowe (Bruce Willis) viene assalito e ferito gravemente in casa propria da un suo vecchio paziente, ormai cresciuto. Si tratta di un ragazzo di nome Vincent Grey (Donnie Wahlberg), l’unico caso irrisolto del dottore.

A distanza di un anno, Malcolm, il cui matrimonio con Anna (Olivia Williams) sembra essere giunto agli sgoccioli, decide di prendere in carico un nuovo caso, per molti versi analogo a quello di Grey. Il suo nuovo paziente, un ragazzino di nome Cole Sear (Haley Joel Osment), soffre di un forte disturbo d’ansia e rivela infine al dottore di avere un dono: è capace di vedere gli spiriti dei defunti aggirarsi tra le strade dei vivi.

Il percorso del medico e del paziente sarà così quello di una terapia reciproca: Cole cercherà di superare la propria paura dei fantasmi, mentre Malcolm tenterà di riavvicinarsi alla moglie e perdonarsi per gli errori commessi in passato con il giovane Grey. Non tutto, però, è come sembra.

Trailer

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