Eco Del Cinema

Nomadland (2020)

Recensione

Nomadland: un film sull’elaborazione del lutto con una straordinaria Frances McDormand

Nomadland rece

Quasi alla fine di un festival che non ha convinto in modo particolare per la sezione principale, approda a Venezia “Nomadland”, il terzo film di Choé Zhao, una cineasta giovanissima che sa raccontare l’America dei grandi spazi e della miseria molto meglio di altri.

Ne è protagonista nei panni della disillusa Fern, Frances McDormand, la cui presenza già da sola è una garanzia di qualità. Il film è ispirato liberamente al romanzo “Desert Solitaire” di Edward Abbey, che la regista si è trovata quasi per caso in mano durante la lavorazione. Si parla di gente che sceglie di vivere fuori dalle regole e senza possedere una casa. Linda May, Swankie e Bob Wells sono veri nomadi che attraversano il paese passando da un lavoro precario all’altro. La loro abitazione è un furgone che contiene tutta la loro vita e qualche volta sassi raccolti nel deserto del Nevada. Fern entra, per fuggire ai fantasmi del suo passato, in questa strana comunità di gente solitaria, ma non troppo.

Un film venato di blues

Nomadland film

Viene voglia di chiudere casa e di partire come ai tempi di “On the Road” di Kerouac dopo aver visto “Nomadland”, che è un inno alla libertà carico di malinconia. Tra paesaggi mozzafiato e deserti, una straordinaria Frances McDormand ci fa entrare nella comunità post hippy guidata da Bob Wells, che vive da sempre in un van.

Il film della Zhao è un ibrido di finzione e documentario. Linda May, Swankie e Bob Wells sono loro stessi, e i loro racconti colpiscono al cuore. Il dolore, la paura, ma anche il calore dell’amicizia tra queste persone e Fern sono assolutamente reali.

Lo stesso dicasi per i paesaggi pazzeschi che mostra il film, valorizzati peraltro dalla fotografia di Joshua James Richards. La sceneggiatura è fluida e lineare.

Con quest’opera la giovane regista conferma il suo talento, già mostrato nell’ultimo “The Rider” su un campione di rodei costretto a concludere la sua carriera per un grave incidente. C’è poesia ma anche una denuncia politica in “Nomadland” che è stato con certezza uno dei miglior film in concorso a Venezia 2020, tanto da ottenuere il meritato Leone d’Oro.

Ivana Faranda

Trama

  • Regia: Chloé Zhao
  • Cast: Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Swankie, Bob Wells
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 108 minuti
  • Produzione: USA, 2020
  • Distribuzione: Walt Disney

Nomadland poster“Nomadland” è un film diretto da Chloé Zhao, presentato in Concorso al Festival di Venezia 2020.

Nomadland: la storia

Fern è una vedova americana che vive a Empire, cittadina prosperosa grazie a un fabbrica di cartongesso. Quando questa viene chiusa e il marito di Fern muore, la donna inizia una vita nomade attraverso gli Usa a bordo del furgone da lei stessa attrezzato. Tornerà a casa dopo un anno di vita libera per fare pace con i fantasmi del suo passato.

Le parole della regista Chloé Zhao

“Nell’autunno del 2018, mentre giravo “Nomadland” a Scottsbluff, Nebraska, vicino a un campo ghiacciato di barbabietole, mi ritrovai a sfogliare “Desert Solitaire” di Edward Abbey, un libro che mi aveva regalato qualcuno incontrato sulla strada.

Sfogliandolo incappai in questo passaggio: “Gli uomini vanno e vengono, le città nascono e muoiono, intere civiltà scompaiono; la terra resta, solo leggermente modificata. Restano la terra e la bellezza che strazia il cuore, dove non ci sono cuori da straziare… a volte penso, senz’altro in modo perverso, che l’uomo è un sogno, il pensiero un’illusione, e solo la roccia è reale. Roccia e sole” (Edward Abbey, Desert solitaire. Una stagione nella natura selvaggia, trad. Stefano Travagli, Baldini & Castoldi, 2015).

Per i successivi quattro mesi, mentre ci spostavamo per girare il film, fu un continuo andirivieni di nomadi; molti di essi conservavano rocce raccolte durante le peregrinazioni a bordo delle loro case su ruote alimentate dal sole. Dispensavano storie e saggezza davanti e dietro l’obiettivo della telecamera. Essendo cresciuta in città cinesi e inglesi, sono sempre stata profondamente attratta dalla strada aperta, un’idea che trovo tipicamente americana: la continua ricerca di ciò che sta oltre l’orizzonte. Ho tentato di catturarne uno scorcio in questo film, sapendo che non è possibile descrivere veramente la strada americana a un’altra persona. Bisogna scoprirla da soli.

La regista Chloé Zhao

Chloé Zhao è una una regista, sceneggiatrice, produttrice cinematografica e montatrice cinese, che ha esordito nel 2015 con “Songs my Brothers Taught Me”, ambientato in una riserva indiana del South Dakota. Successivamente ga realizzato un western atipico “The Rider” (2017). “Nomadland” è il suo terzo lungometraggio. Di origine cinese ma da sempre negli Usa conosce il paese in tutte le sue sfumature.

Trailer

Articoli correlati

Condividi