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Un sogno chiamato Florida (2017)

Recensione

Un sogno chiamato Florida – Recensione: un film eccezionale che ci lascia con un amaro sorriso

Un sogno chiamato Florida scena

Sean Baker arriva dritto alla nostra sensibilità e lo fa in un modo davvero unico. “Un sogno chiamato Florida” riesce a farci ridere, sorridere, indignare e alla fine commuovere. Siamo trasportati in una realtà della Florida sconosciuta, tra tristi motel e ragazze madri al verde, che fumano di fronte ai propri figli e non si curano per nulla della loro educazione.

Ma “Un sogno chiamato Florida” non è un film banale che ci fa provare pietà e dispiacere per questi tre bambini allo sbaraglio. È molto di più.

Un sogno chiamato Florida: il mondo con l’occhio ingenuo di un bambino

La macchina da presa e, con lei, il nostro occhio viaggiano su uno sfondo di vernici viola e blu, non lontano dalla famosa Disneyland (che non ci è dato quasi mai vedere). Proprio in mezzo a tutto questo colore si muovono i passi di Moonee, Scooty e Janey e, insieme a loro, ci muoviamo anche noi. E il nostro movimento è peculiare.

Queste tre piccole pesti (ma dire ‘pesti’ è davvero riduttivo, se si pensa che fanno scoppiare un incendio…) ci trasportano in una realtà triste dove per l’infanzia beata c’è poco spazio e dove non guarderemo mai il mondo con gli occhi di un adulto. Anche quando Halley, la mamma di Moonee, arriva a prostituirsi per poter pagare l’affitto, noi non vediamo nulla e il nostro giudizio non può arrivare: siamo chiusi in bagno insieme alla bambina, a fare il bagno e a giocare con le bambole ascoltando musica assordante. Non sentiamo nulla, proprio come lei.

Sean Baker ci fa vivere la storia attraverso questi piccoli protagonisti, divertentissimi anche se sconfinatamente indisciplinati. A dir la verità, un po’ di disciplina li accompagna ma solo marginalmente. È Bobby, il manager del motel, interpretato magistralmente da Willem Defoe.

Bobby è l’unico che prova in qualche modo a offrire, senza neanche volerlo, una figura paterna a Moonee così come a Halley. Nessuna delle due però la vuole. Halley non la accetta e continua a vivere allo sbando, adottando i metodi più assurdi per riuscire a mantenere la sua bambina. Moonee, al contrario, è ignara: come ogni bambino lei non coglie la gravità delle situazioni, pensa solo a divertirsi. In realtà, capisce tutto fino in fondo e si interroga su tante cose, senza parlare, ma con lo sguardo curioso di chi ancora deve comprendere davvero.

Alla fine, però, anche Moonee realizza chi sono queste donne dei servizi sociali. Le bastano due sole parole, “nuova famiglia” e lei scatta. Con lei scattiamo anche noi, impotenti di fronte all’angoscia e l’improvviso panico di una bambina che ha paura di separarsi dalla mamma. Bobby prova a consolarla, a calmarla, ma lei è piccola e gli adulti non li capisce: capisce solo quando stanno per piangere, lo ha ammesso anche lei.

Quindi scappa, va dalla sua migliore amica e lì, sulla soglia della casa di Janey, vediamo in Moonee per la prima volta la sua vera indole: una semplice bambina, che scoppia a piangere disperatamente e non riesce a dire “addio” all’unica che aveva portato al “safari”, in mezzo alle mucche. E così scappano e corrono, ignorando tutto quello che si sta scatenando al motel. Corrono verso quel parco così vicino, che non nominano mai ma che appartiene loro: perchè in fondo, Moonee e Janey sono soltanto due bambine.

Un sogno chiamato Florida bambine

Un sogno chiamato Florida: la potenza di un film “ad altezza bambino”

Sean Baker riesce così a dar forma ad un film davvero eccezionale, dove alla fine restiamo commossi e piangiamo insieme a Moonee. Ma sorridiamo in questa corsa delle due bambine verso il famoso castello di Disneyland: tutte le famiglie sono in posa per scattarsi una foto, ma loro due corrono e fuggono. Un po’ come avevano fatto quando, sbigottite davanti ad un arcobaleno, avevano deciso di cercare l’elfo che custodiva tutto l’oro della punta di quel fascio di colori.

La pellicola si chiude come è iniziata, con una musica alta che non lascia spazio ad ulteriori suoni. Questa volta però la macchina da presa procede incerta, un po’ come le due piccole bambine. All’inizio, invece, avevamo sorriso ascoltando le note della famosa “Celebration”.

Stavolta il sorriso è più amaro, perchè di una realtà allegra e celebrativa c’è ben poco.

 

Claudia Pulella

 

Trama

  • Titolo originale: The Florida Project
  • Regia: Sean Baker
  • Cast: Willem Dafoe, Brooklynn Prince, Valeria Cotto, Bria Vinaite, Christopher Rivera, Caleb Landry Jones, Macon Blair, Karren Karagulian, Sandy Kane, Cecilia Quinan
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 115 minuti
  • Produzione: USA, 2017
  • Distribuzione: Cinema
  • Data di uscita: 22 marzo 2018

Un sogno chiamato Florida - poster italianoNella periferia della Florida, non molto lontano da Disneyland, tre bambini di sei anni vivono ogni giornata come una vera e propria avventura. Il mondo che li circonda, però, è pieno di degrado e le loro madri non sono affatto ordinarie: fumano e bevono costantemente. Sarà Bobby, il manager del motel in cui vive uno dei tre bambini, a cercare di riportare l’ordine in questa caotica realtà.

Un sogno chiamato Florida: lo sconforto della periferia dal punto di vista dei bambini

“Un sogno chiamato Florida” è un film drammatico scritto e diretto da Sean Baker, regista indipendente di “Tangerine” (2015).

Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2017 e distribuito nei cinema statunitensi dal 6 ottobre 2017, ricevendo forti consensi dal pubblico. La presentazione della pellicola in Italia è avvenuta al 35° Torino Film Festival.

Al centro della narrazione sono i tre bambini, Moonee, Scooty e Jancey (interpretati rispettivamente da Brooklyn Prince, Christopher Rivera e Valeria Cotto). L’unico interprete noto del cast è Willem Dafoe (“Spiderman”, “The Aviator”, “Pasolini”) nel ruolo di Bobby Hicks. “Un sogno chiamato Florida” è valso all’attore una nomination come Miglior attore non protagonista alla 75° edizione dei Golden Globe.

“Un sogno chiamato Florida” riesce ad unire sullo schermo la spensieratezza di un gruppo di bambini, le cui uniche preoccupazioni sono quelle di divertirsi, alla desolazione e disperazione che caratterizza l’ambiente in cui sono cresciuti. Baker pone, però, questa drammaticità sullo sfondo, perchè la narrazione è guidata dai tre protagonisti: lo spettatore rimarrà affascinato guardando la realtà dal loro punto di vista.

Trailer

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