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Signs of Love (2022)

Recensione

Signs of Love: una storia intensa e coinvolgente

signs of love foto

“Signs of Love” è un film intenso, che sorprende a avvolge, inquieta e turba, tiene sotto pressione per tutta la sua durata. Girato in soli trenta giorni ha come protagonista un Hopper Penn in stato di grazia. Il figlio del famoso Sean e di Robin Wright interpreta un ragazzo diviso tra la voglia di normalità e un ‘mestiere’ da spacciatore che gli permette di mantenere la sorella e sopratutto l’amato nipote. Il film è il racconto di un’infanzia difficile e di come si vive in un quartiere dove la criminalità piccola o grande che sia detta le regole del gioco, generando una spirale di violenza dalla quale è difficile venire fuori. In un crescendo di tensione che lascia perennemente col fiato sospeso la vicenda personale del giovane protagonista si evolve, di pari passo alla sua voglia di serenità.

Una storia personale che tocca tanti temi

Possiamo realizzare i nostri sogni anche quando tutto attorno a noi ci porta a pensare il contrario? L’more, quello vero, può cambiarci dentro e fare da propulsore alle nostre vite? A cosa siamo disposti a rinunciare per fare il bene degli altri? Sono tante le tematiche che la pellicola affronta, dall’amore filiale a quello paterno, dalle responsabilità genitoriali, passando per la presa di coscienza che spacciare rende responsabili della tossicodipendenza dei propri clienti. Interessante un dialogo in cui si spiega come sia più difficile ammettere la propria dipendenza dall’alcool non essendo una sostanza proibita, pensando che un drink lo bevono tutti.

Girato in maniera esemplare da Calrence Fuller, con un ritmo serrato, in cui si alternano momenti drammatici a sequenze in cui sono i sentimenti a farla da padroni, “Signs of Love” riconcilia col cinema, ricordando che per narrare una bella storia davvero non occorrono grandi mezzi.

Signs of Love: Hopper Penn incanta per bravura e intensità

Dylan Penn, nei panni della sorella del protagonista, nonostante abbia all’attivo molti più lavori del fratello, per quanto brava, non raggiunge la straordinaria interpretazione del fratello Hopper, che riesce a bucare lo schermo come un attore navigato. Il suo volto, le sue espressioni, la sua gestualità, danno vita ad un personaggio che rimane nella mente e nel cuore. E’ questo un film schietto, che mostra ma non giudica, leva e da speranza, in una girandola di situazioni che non danno tregua. Una fotografia graffiante ed una colonna sonora non invadente fanno da cornice a questa storia in cui giusto e sbagliato a volte si scambiano tra loro. Tra vie spoglie e palazzi disadorni si muovono i protagonisti, come se fosse impossibile trovare luce in certi quartieri.

Il film racconta la storia di un singolo riuscendo a darle universalità e a toccare il cuore, anche di chi con certe situazioni non ha niente da spartire. Seduti in sala ci si immerge completamente nella vita di Frankie  Nelle sue sofferenze interiori, nei suoi sforzi per andare avanti. Nel film è presente anche un’altra ‘coppi familiare’, quella formata da Rosanna Arquette e Zoe Sidel, madre e figlia nella vita. Se conosciamo già il talento di Arquette madre, “Signe of Love” permette a Zoe di mostrare la sua bravura nell’interpretare Jane, la ragazza sordomuta della quale s’innamora Frankie.

Il film è stato presentato in concorso ad Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, nel 2022. 

Maria Grazia Bosu

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