Eco Del Cinema

Senza nessuna pietà – Recensione

Un noir che, nonostante una trama quasi inverosimile, riesce a colpire

Regia: Michele Alhaique – Cast: Pierfrancesco Favino, Greta Scarano, Claudio Gioè, Adriano Giannini, Ninetto Davoli, Iris Peynado – Genere: Drammatico, colore, 95 minuti – Produzione: Italia, 2014 – Distribuzione: BIM – Data di uscita: 11 settembre 2014.

senzanessunapieta1A Mimmo piace molto di più costruire che rompere ossa. Vorrebbe fare solo il muratore, ma gli tocca anche fare recupero crediti tra i palazzoni dei quartieri alla periferia di Roma. Lavora per suo zio, il signor Santili, che ama e rispetta come un padre. Non sopporta invece Manuel Santili, suo cugino, viziato e arrogante. E l’avversione è reciproca. Il Roscio, che sarebbe il suo migliore amico se fosse davvero amico di qualcuno, e la mezza dozzina di dipendenti della ditta di costruzione dello zio, completano la famiglia. È un mondo con regole e gerarchie chiare, dove chi non sbaglia ha la pagnotta assicurata e qualche extra. Giusto o sbagliato, è l’unico mondo che Mimmo abbia mai conosciuto.

Tutto cambia quando nella sua vita irrompe Tanya. È bellissima, giovane e ha capito da un pezzo che nella vita deve arrangiarsi da sola. Sa che gli uomini sono pronti a spendere per averla e ne approfitta. Costretti da un imprevisto a passare una notte e un giorno insieme, Mimmo e Tanya si ritroveranno uniti dal bisogno di sentirsi amati e dalla voglia di fuggire da un destino già segnato.

Presentato fuori concorso nella sezione Orizzonti, “Senza nessuna pietà” è il debutto registico del giovane attore romano Michele Alhaique. Un debutto potente e intenso, di quelli che lasciano il segno. Perché una cosa bisogna ammetterla: questo film non passa certo inosservato.

In questa noir di periferia romana i sentimenti non mancano: Alhaique ha deciso di spingere il pedale dell’emotività, caratterizzando la sua opera con un alto tasso di sentimentalismo. È come se ad ogni atto di violenza, ad ogni squarcio di miseria esistenziale corrispondesse, per contrappasso, un eccesso di sdolcinatezza: d’altronde il brutto si combatte con il bello, la cattiveria con la bontà. Ciò comporta, soprattutto nella seconda parte del film, che la vicenda risulti poco credibile e, soprattutto, molto poco adatta al genere nero.

In ogni modo è indubbio che Alhaique abbia saputo dirigere i propri attori in modo esemplare: Pierfrancesco Favino domina la scena per tutti i 95 minuti. La sua interpretazione è elevata ed energica, riesce davvero a far proprio il suo personaggio: lo spettatore non può fare a meno di compartecipare alle sue vicende, di immedesimarsi nelle sue gioie e nei suoi dolori. Quindi, ciò che si perde con la sceneggiatura, si riacquista grazie al talento degli attori.

In definitiva si tratta di un’interessante opera prima: un film di genere che mira a colpire, a restare impresso. A quanto pare Michele Alhaique non manca di coraggio.

Micol Koch

Articoli correlati

Condividi