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La volta buona (2019)

Recensione

La volta buona – Recensione: Marra racconta vite ai margini senza indugiare sul dramma 

La volta buona - recensione

Con “La volta buona” Vincenzo Marra torna dietro la macchina da presa per proporre una storia che affonda le sue radici nel sottobosco calcistico, un ambiente lontano dalle luci della ribalta, in cui una marea di famiglie sperano di svoltare grazie al talento del proprio figlio. Un mondo in cui procuratori, spesso senza scrupoli, sperano di arricchirsi trovando il fenomeno da proporre alle grandi società, senza curare troppo i dettagli di transazioni, spesso fuori dalla legalità.

Bartolomeo, i cui panni sono vestiti con rigore e bravura da Massimo Ghini, è un procuratore dal buon fiuto che ha sempre operato lontano dal mondo patinato delle grandi società. È ancora in attesa dell’occasione d’oro, del campionissimo che gli permetta di cambiare la vita. È un uomo disilluso, si è rovinato con le proprie mani, ha perso beni e affetti per la ludopatia, e con gli strozzini alle calcagna è pronto a tutto per salvare la pelle, anche a portare da Montevideo in Italia il talentuoso Pablito, nella speranza che questa sia “La volta buona”.

La volta buona: un film sul calcio ed i suoi mali

Marra è un bravo narratore, scrive e dirige un film semplice, ma di sostanza, accendendo i riflettori su tante realtà che affliggono il nostro tempo. La ludopatia del protagonista è mostrata ma non esibita, quasi fosse normale l’appuntamento con le slot, per lui e tanti altri. La sua rovina umana e finanziaria è palpabile dalla sua casa, quasi un museo di vecchie chincaglierie e mobili datati, e dal suo volto stanco. Un uomo sfatto in un ambiente disfatto, fuori dalla finestra il campo di calcio, dove allo stesso Bartolomeo non sarebbe dispiaciuto primeggiare. Ma si sa, la passione senza talento porta a ben poco.

Il racconto mostra disagio ed emarginazione senza pietismi. La realtà uruguagia in cui è inserito Pablito è ancora più desolante della periferia che ospita Bartolomeo. Le ristrettezze lasciano il posto alla povertà e l’infanzia, più che rubata, è inesistente, impossibile da praticare, a tal punto che un bambino accetta di buon grado di spostarsi oltreoceano con uno sconosciuto sperando di poter dare una vita migliore a se stesso e ai propri cari.

La volta buona: emigrare per poter realizzare i propri sogni

La volta buona film

Pablito è a tutti gli effetti un minore migrante, il fatto che gli venga pagato un biglietto aereo e non debba avventurarsi per mare poco cambia al suo disagio. La sua età, il suo modo di vedere le cose, permettono al regista di semplificare i concetti da narrare, quasi filtrando il tema del migrare dai suoi occhi infantili, che anche quando tutto pare perduto, non si vogliono arrendere, tenendo accesa la speranza.

In un contesto di degrado, sopratutto umano, in cui ‘mors tua, vita mea’, e tanti fanno affari sulla vita di piccole promesse del calcio, mandate al macello come bovini e abbandonate a se stesse, lontano dalle famiglie, qualora non dovessero concretizzare le aspettative, sembra impossibile trovar spazio per il buon senso.

La volta buona: la possibile rinascita oltre il baratro

Marra mostra come a volte, quando si tocca il fondo (quello che non sapevamo neppure esistesse, buio e cupo) due sono le cose: o ci si trasforma in bestie, o si ha la possibilità di risorgere, di ripartire da zero, di riaccendere la speranza, ri-iniziare la lotta, ritrovare la dignità.

Belli i movimenti di macchina che incorniciano i protagonisti, sopratutto quando soli nell’ambiente circostante, quasi ad avvolgerli in un abbraccio, che siano gli spettacolari paesaggi trentini, le periferie degradate, o il mare a Montevideo.

La colonna sonora, a volte quasi prepotente, sottolinea i momenti topici del racconto, lasciando spazio per la riflessione, in un film a tratti volutamente dilatato, ma non per questo privo di quel giusto ritmo che ne facilità la fruizione.

A Marra va il merito di aver confezionato un prodotto fruibile dalla grande platea, toccando temi, come quello della poca attenzione alla salute dei giocatori, che difficilmente arrivano sullo schermo, e per aver saputo delineare figure significative come quella dell’immigrato italiano a Montevideo impersonata da Max Tortora.

Maria Grazia Bosu

Trama

  • Regia: Vincenzo Marra
  • Cast: Massimo Ghini, Ramiro Garcia, Max Tortora, Francesco Montanari, Gioia Spaziani, Massimo Wertmüller, Antonio Gerardi, Alessandro Forcinelli
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 90 minuti
  • Produzione: Italia, 2019
  • Distribuzione: Altre Storie
  • Data di uscita: n/d

La volta buona defBartolomeo (Massimo Ghini), è un procuratore sportivo. Vive di espedienti e piccoli imbrogli. Negli anni le occasioni sprecate, unite al vizio del gioco, gli hanno fatto perdere soldi e famiglia. Ora passa le giornate nei campetti di periferia facendo il talent scout, nella speranza di trovare il nuovo Maradona. Sempre alla ricerca del colpo di fortuna, un giorno riceve una telefonata: in Uruguay c’è un ragazzino, Pablito (Ramiro Garcia), che è un vero fenomeno, un fuoriclasse. Per Bartolomeo è finalmente arrivata un’occasione di riscatto. Per Pablito, la possibilità di realizzare il sogno di una vita migliore.

La volta buona: vite ai margini

Marra scrive e dirige un film che intreccia storie di personaggi completamente diversi tra loro, uniti da uno sport, il calcio, capace a volte di abbattere tutte le barriere politico-culturali. La storia infatti non ha a che fare con le luci sfavillanti dei grandi campioni, ma va ad esplorare il sottobosco, le categorie inferiori, i calciatori non ancora adolescenti.

Il film è stato girato fra Italia e Uruguay. Parte delle riprese sono state effettuate a Roma, mentre in Trentino a fare da location alla storia sono stati i panorami della val di Sole, grazie al sostegno di Trentino Film Commission.

Trailer

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