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Lo scafandro e la farfalla

Recensione

Lo scafandro e la farfalla – Recensione: la malattia per conoscere se stessi e apprezzare ciò che si ha

Lo scafandro e la farfalla still

Ha voluto farci un bel regalo Jean-Dominique Bauby raccontando la sua storia. Ed un regalo è anche il film che Julian Schnabel ha deciso di girare per far conoscere, a chi non aveva letto il libro, la vicenda ammirevole di quest’uomo, il cui romanzo “Lo scafandro e la farfalla” è stato pubblicato dieci giorni prima della sua morte. La vita di Jean-Dominique, direttore della rivista di moda Elle e affascinante seduttore, prende una piega imprevista quando, improvvisamente, è colto da un ictus e rimane paralizzato dalla testa ai piedi. Unico contatto con l’esterno: il suo occhio sinistro, attraverso il quale vede il mondo circostante.

Lo scafandro e la farfalla

La regia di Julian Schnabel trasforma il suo sguardo in una lunga soggettiva che taglia gli oggetti e le persone, di cui riesce a cogliere solo frammenti. Ed è così che prende corpo dapprima la stanza 119, poi l’Ospedale Marittimo di Berck, infine il mondo esterno, quello che oramai sembra perso irrimediabilmente. Un universo di affetti vissuti, appuntamenti mancati, parole taciute con il senno di un poi che paralizza – nel vero senso della parola – e impedisce qualsiasi forma di riparo per ciò che irrimediabilmente è perso.

Lo scafandro e la farfalla: la scoperta dell’universo interiore e la negazione di una vita superficiale

Lo scafandro e la farfalla una scena del film

Durante il corso di una crisi interiore Jean-Dominique confessa a se stesso di essere stato cieco e sordo quando le cose giravano per il verso giusto. Solo “la luce dell’infermità” gli ha consentito di comprendere la sua vera natura. Allora capisce che la percezione del vivere non è una semplice ripetizione di gesti meccanici e inconsapevoli, ma trova corpo in qualcosa di più profondo di cui ci si dimentica.

L’affermazione effimera dell’ego e la frenesia dell’esistenza rendono difficile un reale rapporto con il prossimo, Jean-Dominique lo intuisce quando i suoi cari e gli amici gli sono accanto con devozione, quando il personale dell’ospedale lo conforta e lo sorregge nel suo difficile viaggio e quando, paradossalmente, il suo occhio, unica finestra sul mondo, gli apre scenari fino ad allora mai visti. Per quest’essere umano prende corpo la difficile verità che solo immaginazione e memoria lo possono far evadere dal suo scafandro e renderlo una farfalla libera e finalmente felice.

Ed è allora che Jean-Dominique decide di scrivere il suo libro, monologo, che da diario intimo, a tratti ironico e per questo non patetico, si trasforma nel primo vero dialogo che è in grado di intrattenere con chi lo ama e gli è vicino. Poetico nelle immagini, delicato nella sceneggiatura e mirabilmente interpretato “Lo scafandro e la farfalla” ha, a ragione, affascinato il Festival di Cannes 2008 (premio per la Miglior Regia) e conquistato due Golden Globe.

Laura Calvo

Trama

  • Titolo originale: Le scaphandre et le papillon
  • Regia: Julian Schnabel
  • Cast: Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner, Marie-Josée Croze, Anne Consigny, Patrick Chesnais, Niels Arestrup, Olatz Lopez Garmendia, Jean-Pierre Cassel, Marina Hands, Max von Sydow
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 112 minuti
  • Produzione: Francia, 2007

loscafandroelafarfalla“Lo scafandro e la farfalla” è un biopic diretto da Julian Schnabel che si sofferma sulla storia del giornalista Jean-Dominique Bauby, direttore della rivista Elle.

Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Baudy, il film segue le vicende di quest’uomo di successo, incapace di fermarsi per apprezzare le persone e le situazioni che gli ruotano attorno, finchè non rimane vittima di un malore che lo paralizza e gli toglie l’uso della parola.

La stasi coatta cui è obbligato il giornalista lo porta a trovare una forma di comunicazione altra, al di là delle parole e dei gesti, tanto che riuscirà a  dettare un libro usando come metodo di comunicazione unicamente il battito delle palpebre.

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