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World War Z – Recensione

Catastrofismo made in USA e zombi assetati di sangue in “World War Z”

Regia: Marc Forster – Cast: Brad Pitt, James Badge Dale, Mireille Enos, Elyes Gabel, Julia Levy-Boeken, Bryan Cranston – Genere: Drammatico, Horror, colore, 116 minuti – Produzione: USA, 2013 – Distribuzione: Universal Pictures – Data di uscita: 27 giugno 2013.

worldwarz-locCosa succederebbe se un giorno ci risvegliassimo in un mondo dominato da un virus che trasforma tutti in zombi rabbiosi? A questo interrogativo risponde in concreto il film di Marc Forster “World War Z”: un’invasione globale di zombi costringe il nostro eroe, Gerry Lane, interpretato da Brad Pitt, a tornare sul campo per individuare la causa del contagio e combattere il ceppo originario del virus, il cosiddetto Paziente Zero. Quest’obiettivo lo costringerà a spostarsi tra America, Corea del Sud, Israele, abbandonando la famiglia su una portaerei dell’ONU, nella speranza di trovarli sani e salvi al proprio ritorno.

“World War Z” non nasce dal nulla, ma come molte pellicole ormai, attinge al bagaglio immaginifico di un romanzo horror con derive fantapolitiche. Si tratta di “World War Z. La Guerra Mondiale degli Zombi” di Max Brooks, che ha contribuito alla stesura della sceneggiatura. L’operazione dev’essere stata interessante dal punto di vista economico, perché di film come questi se ne sono visti a palate. Il filone zombi, che affonda le sue radici nei più sofisticati film di Romero, unito a quello del catastrofismo americano avrà certamente fatto gola ai produttori, tra cui lo stesso Brad Pitt, che hanno sfornato così il solito film tutto velocità, minacce globali e combattimenti in nome del bene superiore del paese. O del mondo intero addirittura, come si intuisce dal titolo.

La prima enorme pecca è la scelta del 3D, se rapportata a quelle che invece sono proprio le potenzialità maggiori del film: le numerose panoramiche aeree su città devastate da zombi tarantolati, i movimenti rapidi degli attori, il montaggio a tratti adrenalinico perdono di spessore con il 3D che rende tutto molto confuso e opaco. La dinamicità del film è palpabile, soprattutto nella prima parte, rendendo “World War Z” più simile a un action movie che a un horror o a una pellicola di fantascienza; contribuisce a tenere lo spettatore incollato alla sedia e a vivere le avventure dell’ex agente ONU Gerry Lane con tensione e suspense. Ma il 3D appare superfluo, una sottolineatura eccessiva alla velocità del film. Inoltre, proprio per la natura del virus che è silente se non stimolato dai rumori, le scene al cardiopalma si alternano anche a momenti strategici in cui lo zombi è dormiente e i nostri eroi si muovono frusciando nei corridoi. In questi casi levate gli occhialini e rispolverate il buon vecchio 2D!

Buona anche la fotografia, facilitata dai continui cambiamenti di fronte. “Il movimento è vita”, afferma Gerry Lane che dovrà viaggiare tra mille peripezie per individuare il luogo d’inizio dell’epidemia. Da Philadelphia a Gerusalemme, passando per la Corea del Sud, lo spettatore può osservare con i propri occhi la devastazione che si propaga indistintamente ovunque.Questa scelta risponde certo alle manie di grandezza di produzioni cinematografiche americane come queste, che partendo da buone intenzioni, finiscono per confezionare il solito prodotto standard.

Nelle intenzioni del poliedrico Marc Forster, la trama avrebbe dovuto avere una totale aderenza alla realtà, la storia dell’agente che abbandona la famiglia, dopo che le prime scene ci hanno mostrato quanto forte e stucchevole sia il loro legame, avrebbe dovuto commuovere e scuotere, per la verosimiglianza della tragedia occorsa. Insomma avremmo dovuto tutti noi spettatori temere l’arrivo improvviso del virus. Ma questa pretesa di realismo si infrange contro il muro di battute scontate, contro la figura del tipico eroe americano per caso, consapevole di sé, ma capace a dissimularlo, dalla moralità integra e i sani principi che si immola per amore. L’ilarità il sala non è mai un buon segno alla riuscita del film.

Brad Pitt svetta come unico e incontrastato protagonista, per quanto appaia notevolmente invecchiato e anche infiacchito. È vero sì che Gerry Lane è soprattutto un padre di famiglia, quindi un Sylvester Stallone avrebbe stonato, ma Brad Pitt sembra svogliato nel fronteggiare orde di zombi. Dispiace poi che il personaggio della moglie, interpretato da Mireille Enos, che nelle intenzioni dei produttori avrebbe dovuto svolgere una funzione importante di supporto al marito, scompaia dopo pochi minuti, quando invece avrebbe potuto diventare un personaggio femminile forte, un’eroina capace di proteggere le figlie mentre il padre è via a salvare il mondo. In realtà anche tutti gli altri personaggi compaiono come meteore, non riuscendo a imprimere una svolta né ad imporsi in maniera propositiva accanto all’eroe principale. Neanche l’italiano Pierfrancesco Favino che stona un po’ affianco a Brad Pitt, ma che va menzionato per dovere di cronaca.

Irene Armaro

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