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Woman in Gold – Recensione

  • Regia: Simon Curtis
  • Cast: Ryan Reynolds, Helen Mirren, Daniel Brühl, Katie Holmes, Tatiana Maslany, Max Irons, Charles Dance, Antje Traue, Elizabeth McGovern, Frances Fisher, Moritz Bleibtreu, Tom Schilling, Allan Corduner, Henry Goodman, Nina Kunzendorf, Alma Hasun
  • Genere: Drammatico, colore, 109 minuti
  • Produzione: USA, Gran Bretagna 2015
  • Distribuzione: Eagle Pictures
  • Data di uscita: 15 ottobre 2015

“Woman in Gold”: un viaggio metaforico in un passato doloroso

Woman-in-goldUna Helen Mirren in stato di grazia è la protagonista del film di Simon Curtis “Woman in Gold”. Tratto da una storia vera, “Woman in Gold” è un emozionante racconto sulla difficoltà di rivivere il passato sperimentata da Maria Altman, erede della famiglia viennese Bloch-Bauer, che ai tempi del nazismo era stata costretta a trovare rifugio negli Stati Uniti a causa delle sue origine ebree.

I fantasmi del passato prendono la forma di un famoso quadro di Klimt considerato la Monna Lisa dell’Austria, il ritratto di Adele, l’amata zia di Maria. Il prezioso dipinto – insieme a tutti i suoi beni – era stato sottratto a Maria dai nazisti.

La sua missione prima di morire sarà quella di riportare ciò che era intimamente suo nel suo paese, che ora è l’America. Con lei c’è il giovane avvocato Randy Schoenberg, anche lui di origine ebraica e nipote del famoso compositore viennese, sulle prime non molto convinto dell’impresa. Tra mille difficoltà riusciranno nell’obiettivo e il capolavoro di Klimt lascerà l’Austria.Sarà venduto al magnate della cosmetica Ronald Lauder con l’impegno di esporlo alla Neue Galerie di New York. Con il ricavato i Bloch-Bauer e Schoeberg hanno finanziato il Museo dell’Olocausto di Los Angeles.

“Woman in Gold”: il quadro di Klimt come icona dell’arte e della storia

Tutto il film, girato tra la California e Vienna, è un estraniante viaggio tra passato e presente, che si confondono continuamente nei pensieri di Maria Altman/Helen Mirren durante il suo viaggio a Vienna.

Il regista, grazie al cinema, linguaggio per immagini per definizione, riesce a trasportare lo spettatore dalla cupa Vienna del terzo Reich all’abbacinante Los Angeles piena di sole.

Tutto il film è sul doppio, c’è Maria/Helen Mirren e c’è la bella e sfortunata zia Adele, da cui la nipote ha ereditato il prezioso collier raffigurato nel dipinto. C’è il giovane Randy, alter ego maschile di Maria, che ritroverà le sue radici grazie alla testardaggine di questa elegante e determinata signora.

“Woman in Gold” è sì un film sull’Olocausto ma non solo. È fondamentalmente una storia di rinascita. Come in “Le Concert” del regista rumeno-francese Radu Mihaileanu, è l’arte la chiave di volta per ripartire e superare i traumi del passato. E in comune i due film hanno anche una forte dose di ironia. In entrambi si passa dalla commozione al sorriso senza neanche accorgersene.

L’opera di Simon Curtis è perfettamente riuscita, dalla fotografia splendida alla bravura degli interpreti. Oltre alla Mirren, Ryan Reynold è un incisivo Randy Schoneberg, sposato nel film con una meno convincente Katie Holmes.

Infine, una citazione a parte la merita l’attore tedesco Daniel Brühl nei panni del giornalista austriaco Hubertus Czernin, complice della difficile impresa di recuperare il quadro di Maria, un ruolo quanto mai essenziale nell’architettura della storia del film.

Ivana Faranda

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