Eco Del Cinema

White God – Sinfonia per Hagen – Recensione

Una fiaba nera su una giovane ragazza e il suo amato cane

(Fehér Isten) Regia: Kornél Mundruczó – Cast: Zsófia Psotta, Sandor Zsoter, Lili Horváth, Szabolcs Thuróczy, Lili Monori – Genere: Drammatico, colore, 119 minuti – Produzione: Ungheria, Svezia, Germania, 2014 – Distribuzione: Bolero – Data di uscita: 9 Aprile 2015.

white-god-locLa tredicenne Lili (Zsofia Psotta) e il suo cane Hagen devono trasferirsi a casa del burbero padre (Sandor Zsótér). Quest’ultimo si dimostra ostile verso lo sfortunato animale e inoltre si rifiuta di pagare la tassa gravosa sui cani meticci, prevista da una nuova legge per favorire i quelli di razza. Nonostante le lotte disperate della piccola Lili per proteggere il suo cane, Hagen viene lasciato in balia di se stesso per strada. La storia si divide quindi tra le misere avventure di Lili con continui litigi con il padre e le fughe per la sopravvivenza del cane, ormai vagabondo ed in continuo pericolo. Lui ed altri cani, dopo molte peripezie e torture, si ribellano contro il genere umano. Solo la coraggiosa Lili sembra sia l’unica persona in grado di bloccare questa guerra inaspettata tra l’uomo e il cane.

“White God”, del regista ungherese Kornél Mundruczó, è certamente uno dei i film più ambiziosi e originali del 2014; un’allegoria sul bigottismo razziale ed etnico che ormai dilaga in tutta l’Europa contemporanea. Il titolo originale, “Dio Bianco”, indica proprio la credenza superba che Dio sia bianco. La pellicola vuole raccontare una verità, cercando di abbattere il muro di sicurezze illusorie, mostrando quanto la superiorità sia diventata ‘un privilegio dei bianchi nella civiltà occidentale’ (ndr. Mundruczó), e come le minoranze vengano addestrate o, in alternativa, eliminate. Mundruczó ha scelto come soggetto gli animali proprio per esprimersi più liberamente su questo tema delicato.

La pellicola è un fiaba nera, piena di elementi realistici, forse troppo. Lili è una sorta di pifferaio di Hamelin, sempre in giro con la sua trombetta (suona infatti in un’orchestra). È una ragazza forte e con un cuore puro: ha il coraggio di ribellarsi per una giusta causa, anche a costo della sua vita. Nonostante nella sua lotta trova pochissimi alleati, non demorde e continua a cercare il suo cane.

Hagen invece dovrà affrontare prove più dure. Verrà più volte catturato e venduto anche ad un organizzatore di combattimenti per cani che lo trasformerà in un spietato killer. Entrambi quindi perderanno in qualche modo la loro innocenza.

Girato e ambientato in una Budapest odierna, “White God”, nonostante le due ore di durata, è una pellicola scorrevole, anche se potevano essere risparmiate molte scene, soprattutto quelle che coinvolgono Lili e la sua passione per un ragazzo dell’orchestra. Da notare anche un uso particolare della telecamera, che alterna riprese traballanti (spesso anche irritanti) ad inquadrature calme e quasi surreali. Ma sono solo piccole pecche di un film che nel complesso si dimostra trionfale ed emozionante. Ottima l’interpretazione della piccola Zsofia Psotta, ma perfetti sono stati gli attori a quattro zampe; gli interpreti di Hagen hanno infatti anche vinto la “Palma canina” al festival di Cannes 2014.

Molto pesanti sono le scene di crudeltà verso gli animali (ovviamente simulate ma comunque di grande impatto) e della loro vendetta sugli umani, ricreando un’atmosfera da horror movie. Eppure non si può fare a meno di essere dalla parte dei cani e di considerare gli umani i cattivi. La furia improvvisa degli animali ricorda inoltre la follia omicida dei volatili de “Gli Uccelli” di Hitchcock e, soprattutto nel finale, fa pensare a una versione canina de “l L’alba del pianeta delle scimmie” .

Non ci sono effetti speciali però, i veri attori qui sono tutti i cani, addestrati a trasformarsi in macchine da guerra. Forse anche un po’ paradossalmente dal momento che il film in più punti cerca di criticare l’addestramento. Ma appunto non si ricorrere a pupazzi o effetti grafici per sostituire gli animali e questo va a marcare la presenza di verità nel film. Infatti, solo così, solo tramite la realtà è possibile mandare il giusto messaggio.

Federica Fausto

Articoli correlati

Condividi