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Uvanga – Recensione

Presentato nella sezione “Alice nella città” del Festival Internazionale del Film di Roma 2013, “Uvanga” rapisce grazie a una suggestiva fotografia

Regia: Marie-Hélène Cousineau, Madeline Piujuq Ivalu – Cast: Marianne Farley, Lukasi Forrest, Travis Kunnuk, Madeline Ivalu, Peter Henry Arnatsiaq, Madeline Piujuq Ivalu, Carol Kunnuk, Pakak Innuksuk – Genere: Drammatico, colore, 86 minuti – Produzione: Canada, 2013.

uvanga

“Uvanga” è la seconda opera realizzata dal team che nel 2008 vinse il ‘Best Canadian First Feature Film’ al Toronto Film Festival, e può considerarsi a tutti gli effetti una pellicola ben riuscita.

Il film segue la storia di Anna (Marianne Farley), decisa a portare il figlio Tomas (Lukasi Forrest) nella piccola comunità di Igloolik, nell’Artico canadese, per conoscere la famiglia del suo ex compagno, morto in circostanze misteriose.

I due vengono accolti molto calorosamente da tutta la famiglia di Caleb, con cui Anna ebbe una breve ma intensa relazione e per Tomas, cresciuto a Montreal, è tutta una scoperta: il bambino rimane affascinato da questo mondo completamente diverso e desidera conoscere e imparare tutto delle sue origini. In una splendida cornice paesaggistica (il territorio di Nunavut), esaltata da un’eccellente fotografia, si muovono personaggi ben delineati, sostenuti da una discreta sceneggiatura, che mostra con naturalezza l’evolversi dei rapporti tra i singoli.

In una realtà quasi diafana, dove il sole non tramonta mai, tra paesaggi mozzafiato e tramonti infiniti, la donna e il piccolo capiranno molto di Caleb e di loro stessi e troveranno una famiglia con cui condividere gioie e dolori.

Per Anna sarà un vero e proprio percorso interiore, l’occasione per risistemare i tasselli della sua vita e fare i conti col proprio passato.

Marie-Hélène Cousineau e Madeline Piujuq Ivalu portano sullo schermo un bel film, dove al racconto dei singoli si fonde il desiderio di mostrare ‘usi e costumi’ della piccola comunità artica.

L’unico difetto della pellicola è forse il ritmo altalenante, che alterna a momenti intensi, parti eccessivamente lente, che potrebbero annoiare lo spettatore più distratto, sicuramente ridestato dall’emozionante finale.

Domenica Quartuccio

Uvanga – Recensione

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