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Undici settembre 1683 – Recensione

Due religioni e due culture raccontate attraverso la storia di un Gran Visir islamico e di un monaco italiano che hanno avuto nelle mani le sorti dell’Europa del diciassettesimo secolo

Regia: Renzo Martinelli – Cast: Murray Abraham, Harvey Keitel, Enrico Lo Verso, Federica Martinelli – Genere: Storico, colore, 113 minuti – Produzione: Italia, 2013 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 11 aprile 2013.

11settembre1683-posterÈ il 1682; i danni provocati dalla guerra dei trent’anni si fanno ancora sentire; l’Europa è dilaniata dall’interno: all’Impero Ottomano non potrebbe presentarsi occasione più ghiotta per conquistare il vecchio continente. Ma mentre il Gran Visir Karà Mustafà (Enrico Lo Verso) raduna trecentomila guerrieri, un monaco cappuccino dell’Italia settentrionale, Marco da Aviano (F. Murray Abraham), si reca alla corte dell’Imperatore asburgico Leopoldo I per informarlo, dopo aver interpretato un segno divino. L’11 settembre dell’anno seguente, proprio come recita il titolo, si consuma la battaglia che segna il destino dell’Europa.

“Undici settembre 1683” è una storia di uomini e di fede. Renzo Martinelli scrive e dirige questo film con la chiara intenzione di sottolineare quanto le guerre, specie quelle di religione, siano insensate perché la ragione è sempre da ambo le parti, o da nessuna delle due, che dir si voglia. Proprio per questo lo spettatore non viene mai spinto a preferire una delle due figure principali: Marco da Aviano è il sacerdote che tutti vorremmo incontrare, quello umile e mosso solo dalla fede, capace di far trovare Dio ai più reticenti; Karà Mustafà è ambizioso e ostinato, ma è anche un padre affettuoso, un uomo innamorato e un condottiero senza paura, mosso sinceramente dalla sua fede in Allah. Nessuno di noi si sentirebbe di dire a uno dei due che il suo dio è quello errato.

I personaggi migliori però sono forse quelli della coppia mista formata da Abu’l (Yorgo Voyagis) e Lena (Federica Martinelli). Lui musulmano, lei cristiana, sono i due borderline di “Undici settembre 1683”, le due linee di congiunzione tra le culture tanto diverse protagoniste della pellicola di Martinelli: Abu’l è turco, ma vive ormai da decenni nel villaggio italiano in cui si trova il monastero di Marco da Aviano; Lena è una giovane sordomuta che ha scelto di piegarsi alle regole di una religione e di una cultura che non le appartengono pur di sposare Abu’l, l’uomo che ama e per cui farebbe qualsiasi cosa. Il sentimento in questo caso diventa più forte della fede e le differenze non pesano in una convivenza che ci mostra la possibilità di una pace tra Islam e cristianesimo.

La regia è molto curata, specie nelle scene d’azione; il cast è buono; l’ambientazione storica è stata studiata al dettaglio e il tocco di Valerio Massimo Manfredi nella sceneggiatura è tangibile. Nonostante qualche imperfezione, “Undici settembre 1683” è un film storico sufficiente che si lascia guardare.

Corinna Spirito

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