Eco Del Cinema

Una sconfinata giovinezza – Recensione

Pupi Avati affronta la storia di una coppia divisa dalla malattia di lui, che scivola in un passato senza tempo, mentre la moglie cerca di aggrapparsi in modo disperato all’amore che li ha sempre legati

Regia: Pupi Avati – Cast: Fabrizio Bentivoglio, Francesca Neri, Serena Grandi, Gianni Cavina, Lino Capolicchio, Manuela Morabito, Erika Blanc, Osvaldo Ruggieri, Vincenzo Crocitti, Brian Fenzi, Marcello Caroli, Riccardo Lucchese, Lucia Gruppioni – Genere: Drammatico, colore, 98 minuti – Produzione: Italia, 2010 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 8 ottobre 2010.

sconfinatagiovinezzaIl nuovo film di Pupi Avati “Una sconfinata giovinezza” tratta un tema molto delicato, quello dell’Alzheimer, attraverso le vicende di Francesca e Lino, una coppia felice, soddisfatta affettivamente e professionalmente, che si ama da unna vita. Si sono conosciuti da ragazzi, sono cresciuti e maturati insieme, insieme hanno realizzato i loro progetti, unico cruccio non aver mai avuto un figlio. Poi all’improvviso tutto cambia, Lino non sta bene, per i due iniziano le difficoltà.

Il regista mostra con delicatezza e grande sentimento quanto sia difficile affrontare il disagio mentale, vedere chi ami allontanarsi da te per addentrarsi in un mondo al quale tu non puoi appartenere. La forza dei sentimenti, il bagaglio di una vita, l’indissolubilità di un amore come quello che lega Chicca e Lino, non bastano a superare il baratro che si crea tra il malato ed il resto del mondo circostante, dal quale oramai si sente avulso.

Lino vive in un mondo tutto suo, che lo riporta indietro alla sua infanzia, che il regista mostra con numerosi flashback, trasposizione cinematografica dell’infanzia del regista. La pellicola è pervasa da una malinconia di fondo, è viva e palpabile l’impotenza di fronte all’ineluttabilità delle cose.

Bravissimi i protagonisti, Fabrizio Bentivoglio e Francesca Neri, quest’ultima invecchiata per l’occasione, la loro è una recitazione misurata, quasi sottotono, che rende la narrazione realistica, credibile. Nella pellicola primeggia l’amore di coppia, la dedizione, sentimenti che si trasformano in questa complicata situazione, per Chicca, che spera di poter gestire da sola, in amore materno, che la rendono per Michele, ora più che mai, l’unica ragione di vita. Anche il finale, che può per certi versi lasciare perplessi, è purtroppo più reale che mai. Ad Avati va riconosciuto il merito d’aver affrontato un tema spinoso, seguendo il registro drammatico, rimanendo fedele al suo cinema di sempre, pervaso dai ricordi personali, di un’infanzia e un’adolescenza difficili per la perdita inaspettata di entrambi i genitori, ma non per questo più complicate di quelle di tanti altri, come ama ripetere il regista.

“Una sconfinata giovinezza” è un film che fa pensare, riflettere, lascia nell’anima un ricordo che difficilmente sbiadisce, ciascuno di noi serba un qualche dolore nel proprio cuore, una qualche sofferenza, la storia di Chicca e Lino ci ricorda che a questo mondo nulla è più importante dell’amore.

Massimo Racca

Articoli correlati

Condividi