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Troppo amore – Recensione

Il tv-movie di Liliana Cavani sullo stalking, fa parte della collana “Mai per amore”, che ha come comune denominatore la violenza sulle donne, purtroppo sempre attuale, anche in società che amano definirsi civili e all’avanguardia come la nostra

Regia: Liliana Cavani – Cast: Antonia Liskova, Massimo Poggio, Chiara Mastalli, Anna Melato, Francesca Beggio, Edoardo Natoli, Carla Cassola, Maurizio Fanin, Paco Reconti – Genere: Drammatico, colore, 100 minuti – Produzione: Italia, 2011.

maiperamoretroppoamore“Troppo amore” affronta il tema dello stalking, ritenuto un reato nel nostro paese solo da un paio d’anni, e quindi solo da allora perseguibile penalmente; un paese che si ritiene evoluto, ma dove lo stupro è punibile dalla legge come un reato contro la persona, e non contro la morale, solo dal 1996.

Si racconta la storia di Livia, una studentessa divisa tra università e lavoro, che si ritrova inconsapevole e incredula vittima dell’uomo che ama. Antonia Liskova la impersona egregiamente, dando un volto a tutte le donne che subiscono gli stessi soprusi; per questo le perdoniamo di non avere proprio l’età di una studentessa, la sua credibilità interpretativa fa guardare oltre, dando al personaggio di Livia un valore simbolico.

Le immagini del film della Cavani, che ha collaborato fattivamente alla stesura della sceneggiatura con Angelo Pasquini e Roberto Tiraboschi, bucano lo schermo e scuotono le coscienze, mostrando senza ambiguità come l’amore possa degenerare in cieca brama di possesso dell’altro, che viene trattato alla stregua di un oggetto. “Troppo amore”, pur tenendo connotazioni e tempi propri del prodotto televisivo, mostra una qualità superiore alla media.

Umberto è colto e ha il volto dolce di Massimo Poggio, a dimostrazione che certe piaghe sono trasversali sia socialmente che intellettualmente; l’uomo dice di amare Livia, ma pretende di controllare completamente la vita della donna, prendendo decisioni per lei, allontanandola dagli affetti preesistenti, ingabbiandola in una prigione dorata, ma pur sempre prigione. Basta poco a rompere equilibri così instabili, e così, come purtroppo spesso accade, chi dice d’amare scatena sulla propria compagna una violenza inaudita, che lascia la vittima inerme e spesso incapace di sfuggire alla sedizione.

“Troppo amore” è quanto mai vero, la paura e la vergogna della protagonista, che quasi si sente in colpa per aver suscitato tanta violenza, è comune a tante donne che preferiscono non confidarsi neppure con amici e parenti, scegliendo di non denunciare il proprio tiranno, nell’ingenua speranza che ogni episodio di violenza sia l’ultimo. Se poi l’istinto di sopravvivenza vince su tutto e porta la donna a fuggire dalle grinfie del ‘perduto amore’, inizia l’assillo, lo stalking, la persecuzione, che spesso si conclude tragicamente.

A volte la disperazione delle famiglie è tale da portare a eclatanti gesti di giustizia sommaria: è di pochi mesi fa il fatto di cronaca che ha visto un padre, che pur di non vivere con l’angoscia per la vita della figlia, continuamente molestata dal suo ex compagno, ha preferito ucciderlo, pagare per questo il suo debito con la legge, ma invecchiare con la serenità di sapere la propria figlia al sicuro.

La strada da percorrere è ancora lunga, quindi ben venga la finzione televisiva quando entra nelle case e scuote il torpore delle menti.

La speranza è che a vederlo siano anche le tante vittime non uscite allo scoperto, che dalla fiction traggano il coraggio della denuncia, perché, come dice la Cavani, vedere la propria situazione dall’esterno può aiutare a razionalizzarla.

Maria Grazia Bosu

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