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The White Storm

Pallottole e sangue nell’action movie made in China “The White Storm” di Benny Chan

(Sou Duk) Regia: Benny Chan – Cast: Louis Koo, Sean Lau, Nick Cheung, Elanne Kwong, Hoi-Pang Lo, Ting Yip Ng – Genere: Drammatico, colore, 140 minuti – Produzione: Hong Kong, 2013.

the-white-storm“The White Storm” del regista cinese Benny Chan potrebbe essere considerato il corrispettivo orientale del cinema d’azione hollywoodiano, ricco di sparatorie ed effetti speciali, ma anche caratterizzato da protagonisti-eroi spacconi e indistruttibili. La Cina vanta d’altronde una tradizione propria in fatto di pellicole di questo genere, per quanto siano oscurate dallo strapotere internazionale degli studios statunitensi.

Tre dei più famosi attori cinesi, Louis Koo, Sean Lau e Nick Cheung, vestono i panni di tre agenti dell’Antidroga, molto legati tra loro sin dall’adolescenza. Wai, Tin e Chow sono impegnati a combattere il traffico di droga dall’interno, soprattutto Chow che vive ormai da anni sotto copertura, senza poter badare alla moglie incinta. Il loro obiettivo è dapprima un piccolo boss locale, ma ben presto si fa più ambizioso: catturare il Buddha, narcotrafficante thailandese potente e crudele.

 “The White Storm” si snoda su due piani temporali, con numerosi flashback atti a ripercorrere il legame d’amicizia tra i tre, che viene corroso dai terribili avvenimenti. Esistono infatti un prima e un dopo ruotanti attorno al tentativo di incastrare il Buddha, momento centrale per l’evolversi della loro vicenda personale e professionale. Il film infatti parte nel presente, ma si snoda poi nel futuro, a distanza di cinque anni dall’incontro-scontro con il trafficante thailandese.

Ci sono tutti gli ingredienti per un buon action: sparatorie dal ritmo adrenalinico, esplosioni improvvise, la rappresentazione vorticosa del mondo della criminalità e del traffico della droga e alcuni capovolgimenti di fronte che destabilizzano lo spettatore. Colpisce poi la fotografia, moderna e d’impatto; alle luci della metropoli si alternano scene immerse in una natura minacciosa, colma di dirupi e fiumi pronti a inghiottire le tracce di un crimine. Anche la parte degli effetti speciali, tra slow motion e combattimenti a ritmo accelerato, è notevole. La storia è ambientata ovviamente a Hong Kong, a cui è affidata la parte metropolitana della pellicola, che è predominante rispetto al resto.
Non manca nemmeno l’ironia tipica del machismo di certe pellicole d’azione, che sanno anche non prendersi sul serio, stemperando il ricorso alle pistole con l’arguzia.
L’unica cosa che si potrebbe rimproverare a Benny Chan è di indulgere troppo spesso nel sentimentalismo: la ricostruzione della travagliata amicizia dei tre agenti affievolisce l’adrenalina e non sempre risulta convincente nel tentativo di commuovere lo spettatore. Il pathos è eccessivo in certe scene, se si considera anche il frequente ricorso a colonne sonore evocative che cozzano con l’aria da duri delle tre star cinesi.
Irene Armaro

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