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The Hole in 3D – Recensione

Un horror-thriller introspettivo sull’origine delle nostre paure e capacità di trovare dentro di noi la forza per combatterle

(The Hole) Regia: Joe Dante – Cast: Teri Polo, Chris Massoglia, Nathan Gamble, Haley Bennett, Quinn Lord, Bruce Dern, John DeSantis – Genere: Thriller, colore, 92 minuti – Produzione: USA, 2010 – Distribuzione: Medusa – Data di uscita: 11 giugno 2010.

theholein3d“The Hole 3D”, l’ultimo film di Joe Dante, è proprio bello. Un thriller ad alta tensione dove, non ci si lasci ingannare dal 3D, non sono gli effetti speciali a farla da padrone, quanto il racconto, una storia di ordinaria paura, semplice, lineare e coinvolgente. Una famiglia trasloca in una nuova cittadina, cosa che a quanto pare accade spesso, cercando per l’ennesima volta di iniziare nuovamente tutto da capo, lavoro, abitudini, amicizie.

Il figlio maggiore, è stanco di tutto questo, e sembra non riuscire ad affrontare serenamente il nuovo spostamento. L’unica cosa che lo incuriosisce è la nuova vicina di casa, che si mostra simpatica e affettuosa sia con lui che con il fratello minore. Tutto sembra appianarsi, fino a quando i ragazzi non trovano una strana botola in cantina, e da allora è un susseguirsi di strane e inspiegabili esperienze, in un crescendo di paura.

Il cast è talentuoso e il regista riesce a tenere alta la tensione senza utilizzare scene terrificanti, o sanguinolente, lasciando molto all’immaginazione. Le vicende narrate sono per Dante un espediente per scavare nell’animo umano, nelle sue paure, da quelle palesi a quelle più profonde, difficili da individuare. Lentamente, col procedere della vicenda, emergono i segreti più intimi dei protagonisti, anche quelli che loro stessi fanno fatica a riconoscere.

Il regista effettua una vera e propria analisi introspettiva sui personaggi, che si riversa sugli spettatori, portandoli a pensare alle proprie emozioni, alle proprie ansie. Misteri a parte, il film insegna che non esiste paura più grande di quella che cerchiamo di nascondere, di negare, impedendo a noi stessi di elaborarla, di superarla. Ovviamente in un film di questo genere si devono fare i conti con l’irrazionale, e quando avviene Dante sceglie di adoperare simboli che nell’immaginario collettivo da sempre determinano angoscia e paura.

Il 3D più che una girandola di effetti visivi, mostra quello che possono essere il cinema e la tv del futuro, immagini tridimensionali perfettamente fruibili, che donano alle vicende, che necessitino di grandi effetti o non ne necessitino affatto, una profondità tale da coinvolgere completamente lo spettatore, che si sente immerso nella visione. Per la prima volta si ha un prodotto dove il 3D non è funzionale all’azione, ma è solo un mezzo espressivo che arricchisce il narrato, facendoci pensare che forse stavolta questa tecnologia potrà determinare una vera rivoluzione nel mondo della celluloide, non rimanendo, come altre volte è stato, uno sterile esperimento.

Maria Grazia Bosu

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