Eco Del Cinema

Sotto il Celio Azzurro – Recensione

Il superamento delle barriere razziali in una scuola materna, dove l’esperimento di convivenza tra italiani e non facilita la crescita del gruppo

Regia: Edoardo Winspeare – Genere: Documentario, colore, 80 minuti – Produzione: Italia, Francia, 2009 – Distribuzione: Fabulafilm – Data di uscita: 30 aprile 2010.

SOTTO-IL-CELIO-AZZURRO“Sotto il Celio Azzurro” è una pellicola molto divertente che mostra al pubblico come sia possibile una strada diversa verso l’integrazione interculturale. Celio Azzurro è una piccola realtà presente e viva nella capitale, nel Celio appunto, fondata vent’anni or sono da Massimo Guidotti, che assieme ai suoi collaboratori ha messo in pratica una didattica per la prima infanzia basata sulla parola, sul racconto, sugli affetti.

Questa scuola materna ha sempre aiutato a crescere sani e autonomi, bimbi di diverse etnie, inizialmente di diverse nazionalità, oggi quasi tutti italiani, figli di immigrati regolari, sperimentando che i nostri cuccioli, se indirizzati correttamente, non dovranno confrontarsi con il problema della cosiddetta tolleranza. Questo perché crescendo insieme, le diversità diventano una ricchezza, e più che di integrazione si assiste ad una fusione culturale, dove ognuno tiene la propria identità, completandola con ciò che si assorbe dagli altri.

I genitori dei bambini italiani doc non si sono mai lamentati del famigerato rallentamento culturale che i bambini italiani d’adozione causerebbero all’apprendimento, motivazione con la quale si è avallata una legge che impone un tetto massimo di bambini non italiani nelle nostre scuole, considerando non italiani anche quelli che lo sono per nascita, ma non hanno ancora la cittadinanza.

Guidotti ed il suo staff hanno dato vita ad un qualcosa di straordinario e singolare nel panorama scolastico nazionale, che dovrebbe servire da esempio, da riferimento nel campo dell’insegnamento. Quando si vedono dei bambini felici di frequentare in tenera età una scuola, che addirittura sono portati una settimana in campeggio al mare, senza sentire i loro genitori (che diciamo per “motivi di ordine pubblico” del genere pianto per nostalgia della mamma, parlano solo con gli insegnanti), e si divertono in autonomia, significa che il progetto didattico funziona, è vincente.

Lo stato, anziché contrastare queste testimonianze di un’alternativa possibile per la coesistenza civile, dovrebbe investirci, perché in questo modo, crescendo in modo più equilibrato i nostri figli, ci affrancheremmo sicuramente dai problemi di emarginazione razziale che tormentano i nostri tempi. Winspeare ha girato nella scuola per un intero anno scolastico, con delicatezza e discrezione, amalgamandosi con la scuola stessa.

La sua bravura, una fotografia sfolgorante ed un montaggio fantastico, riescono a coinvolgere lo spettatore più che una finzione cinematografica, mostrando i colori, il parco, i bambini, i genitori di questa “scuola – non parcheggio” sempre presenti e collaborativi, i pic nic assieme, dove ciascuno porta una pietanza del paese d’origine, le favole didattiche, attraverso le quali i bambini imparano a crescere, in modo naturale.

Chi guarda ha l’impressione di aver sempre conosciuto quei luoghi e quelle persone, perché la narrazione è avvincente. La speranza è che questo prodotto sia soprattutto lo spunto per un’attenta riflessione sul tema, che dia la spinta al progetto di una scuola che sappia guardare concretamente al futuro.

Maria Grazia Bosu

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