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SHTTL: la storia drammatizzata dell’operazione Barbarossa

Con “SHTTL” il regista Ady Walter racconta le ultime ventiquattro ore degli abitanti di un villaggio yiddish ucraino al confine con la Polonia.

SHTTL: nome in codice: Operazione BarbarossaSHTTL film

Il 22 giugno 1941 con il nome in codice “Operazione Barbarossa” l’iniziò invasione dell’Unione Sovietica da parte della Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. I protagonisti di “SHTTL” sono quattro ragazzi e le loro famiglie alle prese con i propri conflitti. Lo stile della narrazione è oggettivamente originale.

Talora, la regia alterna immagini in b/n a quelle a colori. Le prime mostrano la realtà dei fatti, le seconde i ricordi del protagonista, un giovane soldato che fugge a Kiev per fare cinema. Il ritorno a casa, del ragazzo, considerato da tutti un negletto, è fatto apparentemente per andare a salvare la sua amata da un matrimonio combinato contro la sua volontà. Lui fa un viaggio nella memoria, che lo riporta ai tempi felici della sua infanzia prima che la madre morisse suicida.

Il film presentato alla 17° Festa del Cinema di Roma è tutto recitato in yiddish e ha in sé tutti i personaggi tipici di una piccola comunità, dal matto che prevede la sventura imminente agli scontri di potere tra piccoli gruppi.

“SHTTL” è un’opera di grande impatto visivo, ma, diciamolo, passa più la storia privata dei due amanti divisi dalla comunità che il contesto storico, che alla fine non è chiarissimo. Sono molteplici i riferimenti alla cultura Yiddish, non di facile comprensione per i profani.

Un film che mischia passato e presente per raccontare il prima di una carneficina

Ci sono ottimi spunti in questo lavoro, che però non riesce a decollare e diventa ostico per lo spettatore non festivaliero. Notevole la location, che è stata creata dalla produzione e comprende circa venticinque costruzioni e una sinagoga. Il tutto in Ucraina, prima dello scoppio della guerra. Un’info per comprenderne il titolo impronunciabile: shttl è una storpiatura di shtetl, parola usata per definire un insediamento in Europa orientale con un’elevata percentuale di popolazione ebraica.

Il regista l’ha ripresa da una lettera di un romanzo scritto da Georges Perec, la cui madre morì in un campo di concentramento.

Ivana Faranda

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