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Shanghai Baby – Recensione

“Shanghai Baby” ha per protagonista una bella scrittrice cinese impegnata a risolvere i suoi problemi esistenziali, ma manca di qualsiasi spunto di originalità che avrebbe potuto ricavare dal libro a cui si ispira

Regia: Berengar Pfahl – Cast: Bai Ling, Katja Riemann, Luke Goss, Seiko Matsuda, Gregory Wong, Pei-pei Cheng – Genere: Drammatico, colore, 120 minuti – Produzione: Germania, 2007 – Distribuzione: Delta Pictures – Data di uscita: 19 settembre 2008.

Shanghai-babyCoco (Bai Ling) è una giovane scrittrice cinese emergente. Vive a Shanghai, divisa tra il banale del quotidiano e la ricerca costante di qualcosa che la faccia tremare, gridare o comunque provare emozioni sempre più forti. Anche il suo cuore è diviso, tra l’amore del giovane e introverso pittore Tientien (Gregory Wong) e la storia torbida di sesso e passione per il bel tedesco Mark (Luke Goss). La stessa sorte, di divisione, tocca anche al suo primo romanzo, che s’intreccia con le vicende di ogni giorno e che, in qualche modo, deve pur trovare un finale.

Berengar Pfahl, regista e produttore tedesco, si cimenta nella prima esperienza cino-tedesca e, purtroppo, cade vittima di numerosi errori. Innanzitutto, non ogni sua storia è adatto a diventare un film. Pur se meraviglioso, il manoscritto originale di Zhou Wei Hui, che ha riscosso tantissimo successo di critica e pubblico, è altamente introspettivo: la trama è lieve ed è solo un pretesto per raccontare l’intimo della protagonista. Questo rende la trasposizione cinematografica assolutamente piatta, banale e priva del pathos e del contenuto che ci si aspetterebbe.

 La recitazione degli attori è stereotipata, la fotografia, pur bella, è massacrata da una scelta di luci assolutamente scure, che tagliano molti dettagli e arrivano ad infastidire lo spettatore. Il doppiaggio è poco convincente e la scelta di alcune voci, tra cui quella di Coco, pare completamente inadatta. Dialoghi finti, trama noiosa e spenta. Insomma: un film che poteva avere un grande potenziale, ma è stato indubbiamente rovinato. Certo, non tutti sono Stanley Kubrick, che da “Doppio sogno” riesce a trarre “Eyes Wide Shut”: Pfahl dovrebbe meditare su questo.

Claudia Resta

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