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Shadowhunters – Città di ossa – Recensione

La nuova saga urban fantasy che, a livello commerciale, promette la stessa popolarità di “Twilight”

(The Mortal Instruments – City of Bones) Regia: Harald Zwart – Cast: Lily Collins, Jamie Campbell Bower, Kevin Durand, Robert Maillet, Aidan Turner, Jemima West, Lena Headey, Jared Harris, Kevin Zegers, Jonathan Rhys-Meyers, CCH Pounder, Elyas M’Barek, Godfrey Gao – Genere: Fantasy, colore, 129 minuti – Produzione: USA, 2013 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 28 agosto 2013.

shadowhunters-citta-di-ossaTratto dall’omonimo romanzo di Cassandra Clare, “Shadowhunters – Città di ossa” si presenta sugli scaffali e al cinema come l’erede designato delle odierne saghe fantasy, in primis quella di “Twilight”. Sarebbe impensabile non confrontare le due operazioni commerciali, per quanto la storia di “Shadowhunters” sia diversa, ma ormai priva di quell’originalità che, almeno all’inizio, contraddistinse “Twilight”.

Clary Fray è una ragazza comune, che il giorno del suo compleanno vede cambiare irrimediabilmente la sua vita. Clary va a ballare in discoteca, al Pandemonium e lì assiste a un bizzarro omicidio e sembra essere stata l’unica in grado di vederlo; poi torna a casa e scopre che sua madre è stata rapita. Da questo momento viene catapultata in un mondo sconosciuto, dark, violento, ma affascinante: conosce tre giovani shadowhunters, Jace, Isabelle e Alec e con loro intraprenderà un’avventura pericolosa, destinata a cambiarla per sempre.

Gli ingredienti della saga fantasy di successo ci sono tutti e ormai appaiono abbastanza scontati: i demoni, i vampiri, i licantropi, gli stregoni e gli affascinanti eroi che, nonostante non siano umani, scelgono di combattere per difendere anche la razza umana. Come da manuale, metà del film è incentrata sulla stucchevole storia d’amore tra una ragazza innocente e comune, che scopre di essere un mostro di bravura nel combattere ogni sorta di malvagità ultraterrena e il fascinoso, misterioso ragazzo che possiede doti sovraumane. Anche qui, come nella pellicola sui vampiri Bella ed Edward, sbuca un terzo incomodo, per quanto la sua caratteristica principale non sia il fisico statuario ma l’arguzia.

Le atmosfere sono molto più dark di quello che ci si aspetterebbe da un film confezionato soprattutto per un pubblico adolescente e questo è un bene: anche se diluita dal filone sentimentale, ci sono tanta azione e suspense che danno punti al film, soprattutto se pensiamo che la grossa pecca di “Twilight” fu proprio la mancanza di verosimiglianza e di pathos, ridotto ai primi due episodi della saga (a voler essere generosi).

“Shadowhunters” invece mostra demoni tentacolari, lotte con vampiri assetati di sangue e un cattivo estremamente crudele e determinato. Purtroppo molti dei colpi di scena del film sono però intuibili dopo il primo quarto d’ora e questo contribuisce a rendere noiosa la storia, nonostante il fascino delle ambientazioni che trasudano antichità e misticismo.

Per non buttare al macero proprio tutto, c’è da dire che “Shadowhunters” sembra dotato di una buona dose di sarcasmo, distribuito soprattutto tra i protagonisti Clary, Jace e Simon, che ironizzano spesso su alcuni cliché delle saghe fantasy che loro stessi incarnano; primo fra tutti l’amico di Clary, Simon, molto scettico verso questo nuovo mondo fatto di rune antiche e cacciatori di demoni, offre una chiave di lettura divertente a una storia che sa di già visto.

Il regista Harald Zwart e i produttori hanno puntato molto sui due protagonisti, Lily Collins e Jamie Campbell Bower, che si candidano, anche nella vita reale, a diventare i successori di Robert Pattinson e Kristen Stewart. I due, guarda caso, avrebbero intrecciato una relazione proprio durante le riprese. Lily Collins con i suoi capelli ramati e ondulati ricorda inevitabilmente il personaggio di Bella, ma per fortuna come attrice appare dotata di un maggior numero di sfumature espressive rispetto alla Stewart. Jamie Campbell Bower (proveniente tra l’altro proprio dal cast di “Twilight”) è il bello e dannato, ma la sua recitazione gioca troppo su questo aspetto per renderlo totalmente credibile, per quanto anche lui riesca a costruire un personaggio più interessante del melenso vampiro Edward.

Perfetto nel ruolo del cattivo Valentine, metà shadowhunter, metà demone, è Jonathan Rhys-Meyer che riesce a incutere timore, ma allo stesso tempo ad attrarre lo spettatore con i suoi occhi di ghiaccio e la sua sete di potere. Gli altri personaggi sono troppo poco delineati, forse perché “Shadowhunters” promette quasi certamente di diventare un franchise e ci sarà tempo, purtroppo o per fortuna, per scoprire le personalità e le storie di ognuno di loro.

Come trovata commerciale, “Shadowhunters – Città di ossa” sarà sicuramente vincente ai botteghini, anche perché la qualità della regia e della sceneggiatura appaiono leggermente superiori a quelle di un film come “Twilight”. Il problema potrebbe essere la tenuta di una saga così lunga, che annoia già in parte al suo primo episodio e che rischia di fare la fine proprio del franchise sui vampiri, quantomeno originale all’atto dell’uscita nelle sale e nelle librerie, ma sempre più scadente e noioso mano mano che il consenso cresceva.

Irene Armaro

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