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Sfida senza regole – Recensione

Al Pacino e Robert De Niro tornano sul set insieme nei panni di due agenti di polizia, ma l’operazione non convince

(Righteous Kill) Regia: Jon Avnet – Cast: Al Pacino, Robert De Niro, 50 Cent, Carla Gugino, John Leguizamo, Donnie Wahlberg, Brian Dennehy, Dan Futterman, Trilby Glover, Rob Dyrdek – Genere: Azione, colore, 100 minuti – Produzione: USA, 2008 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 26 settembre 2008.

sfidasenzaregoleDue grandi del cinema di tutti i tempi si riuniscono dopo 13 anni in un’operazione nostalgica purtroppo mal riuscita. Non bastano i nomi di Robert De Niro e di Al Pacino per rendere originale “Righteous Kill – Sfida senza regole”, thriller newyorkese diretto da Jon Avnet (“Pomodori verdi fritti”) che vorrebbe essere originale ma si riduce, purtroppo, ad una riunione di famiglia dal sapore un po’ stantio.

I detective Turk e Rooster, dopo 30 anni di onorato servizio nella polizia, sono chiamati a risolvere un caso che affonda le sue radici in un passato non troppo recente. Un serial killer si diverte ad uccidere una serie di personaggi che vivono ai margini della società (stupratori, assassini, spacciatori, preti pedofili), lasciando sul luogo dei delitti una poesia per ciascuna vittima. Omicidi “giustificati”, come recita il titolo, dalla malvagità che alberga nei cuori degli assassinati, efferati e compiuti a sangue freddo.

La vecchia coppia di poliziotti nelle indagini viene supportata da due giovani agenti che a tratti aiutano ed a tratti sospettano dei due veterani. Avnet, per cercare di rendere più avvincente una trama abbastanza scontata, usa la tecnica del flashforward in maniera piuttosto impropria, regalando la soluzione dell’enigma già alla seconda scena, ma mescolando tanti di quegli elementi nella prima parte della pellicola che si fatica a capire dove l’indagine si stia dirigendo. È di uno spacciatore che si stanno seguendo le tracce, o di un serial killer? E soprattutto, chi è il poliziotto buono e chi quello cattivo? Un gioco delle parti confuso e frammentario, tanti piccoli episodi messi insieme che non riescono a dare un quadro chiaro della situazione fino alle battute finali del film, quando il mistero si svela nella sua estrema semplicità, per non chiamarla banalità.

A contribuire alla confusione ci si mette anche il montaggio, realizzato approssimativamente con bruschi stacchi tra una scena e l’altra, come se ci si trovasse di fronte ad una pellicola girata da uno studente di regia alle prime armi. A nulla servono gli sforzi di Pacino, Donnie Wahlberg, John Leguizamo e Robert De Niro (il più bravo del quartetto), che pur profondendo i loro migliori sforzi, non riescono a divertire, né a far sobbalzare sulla sedia (imperdonabile da parte di un thriller non riuscire a strappare neppure un gridolino).

Al Pacino, forse il personaggio più atteso di questo film, regala una prestazione non al massimo delle sue possibilità: bravo sicuramente, altrimenti non sarebbe diventato un’icona del cinema mondiale, ma ci è sembrato di trovarci di fronte ad una rivisitazione del suo mefistofelico John Milton de “L’avvocato del diavolo” (in cui ha saputo veramente regalare emozioni). Stesse espressioni degli occhi, stesso modo di atteggiare viso e mani, come se si fosse ormai affezionato a quel tipo di personaggio e avesse deciso di riproporlo in versione riveduta e corretta.

Si sforzano ma non convincono John Leguizamo e Donnie Wahlber (fratello del più famoso Mark), così come Brian Dennehy che fa una “comparsata” poco incisiva. Gli unici che si salvano sono Carla Gugino nei panni di una detective della scientifica che collabora alle indagini, e proprio Robert De Niro che, a riprova del suo innato talento, riesce a “salvare il salvabile” ed a non far bocciare del tutto la pellicola.

Daria Ciotti

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