Eco Del Cinema

Sarà il mio tipo? – Recensione

Un’opera sul grande potere dell’amore tra la grandeur parigina e la provincia, che tira in ballo il filosofo Roland Barthes

(Pas son genre) Regia:Lucas Belvaux – Cast: Émilie Dequenne, Loïc Corbery, Sandra Nkake, Charlotte Talpaert, Anne Coesens Genere: Drammatico, colore, 111 minuti – Produzione: Francia, 2014 – Distribuzione: Satine Film – Data di uscita: 23 aprile 2015.

sarailmiotipo-locÈ all’insegna della dualità Yin/Yang il film francese “Pas son genre” di Lucas Belvaux, tradotto malamente in italiano “Sarà il mio tipo?”. Tratta da un romanzo di Philippe Vilain, la pellicola è una classica storia d’amore francese che però riserva delle sorprese.

Clément giovane e brillante filosofo parigino si ritrova per lavoro a vivere a Arras, cittadina provinciale del nord. È lì che incontra Jennifer, parrucchiera divorziata e madre di un bambino. Lui legge Kant ed è un cinico in amore, lei è una fan di Jennifer Aniston e della scrittrice romantica Anna Galvada. Nonostante siano tanto diversi la passione scoppia tra mille problemi.

Amy Winehouse cantava “Love is a losing game” ed è così, ma è l’amore che muove il mondo insieme al potere e al denaro. Così, Clément sempre vestito in nero minimal entra nel mondo multicolore dell’allegra finta bionda di provincia che, con vocabolario alla mano, cerca di capire “La critica della ragion pura” kantiana e ama il suo prof. appassionatamente. La domanda di fondo del film è: possono amarsi due persone di livello culturale diverso? Sì e no.

La narrazione è leggera ma non superficiale e ai locali chic di Parigi si contrappone una discoteca cheap di provincia con karaoke. Ma è lei, Jennifer/Emilie Dequenne, che canta “I will survive” vestita di un abitino anni ’80 da due soldi, a dare luce all’universo complicato di Clément/Loic Corbery. Peccato che lui è come Stéphane di “Un cuore in inverno” di Sautet, non riesce a amare o forse sì, a modo suo.

Sul tema dell’incomunicabilità tra uomo e donna, classico cinematografico, il regista inserisce quello sociale, seppur in un modo molto leggero. C’è qualcosa di “Giù al Nord” di Dany Boon, campione d’incassi del 2008 in Francia, che però si coglie meglio a livello linguistico nella versione non doppiata del film di Belvaux.

Le maschere dei personaggi cadranno alla sfilata di Carnevale di Arras per arrivare ad una conclusione che tira in ballo “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes. Quel che resta nello spettatore alla fine è la voglia di innamorarsi di nuovo, anche se può far male.

Ottimo il cast, da Loic Corbery direttamente dalla Comédie Française, ombroso e fascinoso, a Emilie Dequenne, romantica e spontanea, già vista in “Rosetta” dei fratelli Dardenne. Buoni i costumi e le location che inquadrano perfettamente la dicotomia tra i due innamorati.

Ivana Faranda

Articoli correlati

Condividi