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Ruggine – Recensione

Dramma pedofilo infiacchito e fagocitato da un super cast fuori forma

Regia: Daniele Gaglianone – Cast: Valeria Solarino, Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Giampaolo Stella, Giuseppe Furlò, Giulia Coccellato, Giacomo Del Fiacco, Leonardo Del Fiacco, Annamaria Esposito, Alessia Di Domenica, Giulia Geraci, Michele De Virgilio, Anita Kravos, Cristina Mantis – Genere: Drammatico, colore, 109 minuti – Produzione: Italia, 2011 – Distribuzione: Fandango – Data di uscita: 2 settembre 2011.

ruggineDecidere di portare sullo schermo la più grande aberrazione umana, la pedofilia, è sempre una scelta quantomeno coraggiosa per la repulsione che provoca nello spettatore, anche in quello più smaliziato.

Il promettente Daniele Gaglianone accetta la scommessa presentando a Venezia un adattamento dell’omonimo romanzo di Stefano Massaron con le spalle ben coperte da Domenico Procacci e soprattutto da un cast italian all stars.

Fine anni 70’: nella degradata periferia di Torino arriva un medico condotto (Timi) alla guida di una lussuosa mercedes. È un pedofilo e prende di mira un gruppo di ragazzini che giocano in mezzo a carcasse di auto e baracche di metallo. Seguiamo tre di loro (Solarino, Accorsi e Mastandrea) che hanno preso strade diverse ma sono irrimediabilmente segnati da un comune e doloroso passato.

A scanso di equivoci, “Ruggine” è un film non riuscito. Costruito in un continuo rincorrersi di presente e flashback, sconta principalmente le stereotipate vicende dei tre adulti “arrugginiti” (uno è un alcolizzato, l’altro non riesce ad avere un rapporto sereno col figlio, la donna è una professoressa sull’orlo di un esaurimento che prende a cuore le sorti di una bambina molestata) che, costruite in modo teatrale in spazi angusti, tolgono troppo alla più interessante parte anni ’70, molto credibile nelle facce e nei comportamenti dei bambini, molto di meno quando Timi gigioneggia da par suo, costruendo la figura di un Orco tutt’altro che insospettabile che grugnisce quando vede la gonna di una bambina, arrivando ad accennare, eccitato, l’Aria di “Una furtiva lacrima”.

Di positivo rimane la fotografia sporca e polverosa con cui Gaglianone segue le scorribande dei ragazzini, la scena virata horror in cui il maniaco porta in una grotta la sua giovane vittima e la scena del pestaggio del matto del paese, chiaro omaggio a “Non si sevizia un paperino”di Lucio Fulci. A tratti fastidiosa ed eccessivamente invasiva la colonna sonora piena di rumori metallici che spesso coprono anche la comprensione dei dialoghi.

Vassili Casula

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