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Ritual – Una storia psicomagica – Recensione

Ritual – Una storia psicomagica: un film “terapeutico” ricco di simbolismi

Regia: Giulia Brazzale, Luca Immesi – Cast: Desirè Giorgetti, Ivan Franek, Anna Bonasso, Alejandro Jorodowsky, Cosimo Cinieri, Patrizia Laquidara, Roberta Sparta, Fabio Gemo, Nicola Arabi, Gaia Ziche – Genere: Thriller, colore, 95 minuti – Produzione: Italia, 2013 – Distribuzione: Mariposa Cinematografica – Data di uscita: 8 maggio 2014.

ritual“Ritual – Una storia psicomagica”, lungometraggio d’esordio di Giulia Brazzale e Luca Immesi, trae liberamente ispirazione dalle teorie contenute nei libri “La danza della realtà” e “Psicomagia”, scritti dal carismatico scrittore e regista Alejandro Jodorowsky. Gli autori hanno preso spunto da questi testi per realizzare appunto un film jodorowskyano, ovvero con finalità “terapeutiche”, ma senza possedere quello stile surrealista o barocco che connota i lungometraggi del maestro della psicomagia.

Protagonista è una donna vittima di un rapporto sadomasochistico, che dopo il trauma conseguente a un aborto, tenta di riapproiarsi della sua vita e della sua identità, prendendo le distanze dal compagno e trasferendosi nel paese dove è cresciuta. Ma i suoi sensi di colpa non smettono di tormentarla…

Ciò che risulta lampante dalla visione di “Ritual” è l’interessamento a tematiche attualissime, quali per l’appunto l’interruzione di gravidanza e le dinamiche di potere all’interno di una relazione, in cui regnano pesanti squilibri, dovuti alla presenza di personalità borderline nella coppia, che impediscono di vivere il rapporto in modo sereno ed equilibrato.

Sin dalle prime inquadrature, la regia si diverte con suoni (le musiche diegetiche sono state realizzate da Moby e da Patrizia Laquidara), luci e ombre tipiche del thriller. La regia gioca molto con il grandangolo nei momenti salienti, in cui l’inconscio prende il sopravvento sulla parte razionale dei protagonisti.

Elementi di videoarte si mescolano a riprese classiche. In particolare, si notano – nella sequenza che mostra la protagonista persa nei labirinti della sua psiche giungere alla consapevolezza di essere schiava di un rapporto che l’ha privata totalmente di una dignità personale – delle inquadrature sovraesposte, che ricordano molto l’opera “My Cuerpo Mio” dell’artista Abertura Vaginal: una denuncia sociale contro l’impossibilità da parte della donna di poter decidere autonomamente e consapevolmente del proprio corpo, nel momento in cui deve prendere la decisione di compiere o meno l’interruzione di gravidanza.

Lungi dall’essere surrealista, “Ritual” non soltanto ha un impianto narrativo classico ma, anche dal punto di vista delle inquadrature, non è affatto caratterizzato dalle stramberie e gli eccessi che può presentare un film di quel genere, restando comunque un lavoro forte visivamente, ricco di simbolismi, in cui si intersecano la dimensione reale,  onirica e  magica.

Quello della Brazzale e di Immesi è un lavoro che non ha bisogno di utilizzare la volgarità delle immagini per attrarre l’attenzione del grande pubblico, ma è interessante di per sé, per le vicende attualissime trattate al suo interno, anche se sarebbe stato decisamente molto più coinvolgente se la psicologia e il passato dei personaggi fossero stati trattati in modo più approfondito.

Giuseppina Calvaruso

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