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Rendition – Detenzione Illegale – Recensione

L’America e il meccanismo delle ‘rendition’, detenzioni illegali di cittadini sospettati, vengono messe sotto accusa dal regista Gavin Hood

(Rendition) Regia: Gavin Hood – Cast: Jake Gyllenhaal, Meryl Streep, Reese Witherspoon, Peter Sarsgaard – Genere: Drammatico, colore, 122 minuti – Produzione: USA, Sudafrica, 2007 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 29 febbraio 2008.

renditionL’America ancora innegabilmente nelle mire di grandi registi. Dopo “Lion for Lambs” di Robert Redford e “Into the Wild” di Sean Penn, arriva “Rendition – Detenzione Illegale” di Gavin Hood, regista sudafricano che con “Tsotsi” si era aggiudicato l’Oscar come miglior Film Straniero nel 2006. America ancora sotto pressione dalle grandi visioni dei registi.

“Rendition – Detenzione Illegale” affronta il delicato ma apparentemente irrisolvibile problema delle “extraordinary Renditions”, che Amnesty International definisce come operazioni statunitensi che ledono i diritti umani, ovvero il rapimento di cittadini che possono costituire una minaccia per la sicurezza nazionale e la loro detenzione e conseguente interrogatorio in prigioni oltreoceano.

Nel film Anwar El-Ibrahimi (Omar Metwally), ingegnere chimico americano – egiziano, la cui famiglia emigrò negli Stati Uniti quando lui era bambino, è sospettato di azioni terroristica da parte degli Stati Uniti e per questo prelevato. La moglie, Isabella El-Ibrahimi (Reese Witherspoon) fa tutto ciò che è in suo potere per ritrovare il marito scomparso, compreso chiedere aiuto ad un suo vecchio amico che è ben introdotto nella politica, Alan Smith (Peter Sarsgaard). Alan viene a conoscenza del fatto che Anwar è stato trasferito in un posto segreto del terzo mondo in base agli ordini del capo della CIA, Corinne Withman (Meryl Streep), e rientra nel fascicolo definito “rendition”.

Pochi film di Hollywood hanno veramente influenzato le masse e dato uno spunto per la riflessione e per il dialogo. “Rendition – Detenzione Illegale” dà al mondo una grande scossa, apre gli occhi su un problema esistente ma ignorato, quello delle rendition che a centinaia si posso ipotizzare in tutto il mondo. Rendition significa rivendicazione, qualcosa da restituire secondo l’ideologia americana. Nel film questa rivendicazione è manifesta nel capo della CIA, Corinne Withman.

Con un’interpretazione meravigliosa di Meryl Streep, non a caso detentrice assoluta di 14 nomination, questo personaggio assume un atteggiamento quasi “eroico”, dal punto di vista americano: l’eroe è colui che mette il bene dell’umanità sopra ogni altra cosa. Così l’eroe è il capo della CIA che commette atroci azioni giustificandosi dietro la timida affermazione che le rendition sono riprovevoli e inique, ma necessarie alla salvaguardia del mondo. Ma qualcuno riflette. Qualcuno vede in queste considerazioni qualcosa che non può essere giustificato moralmente. Per ironia, questo “qualcuno” è proprio un agente della CIA, interpretato con esattezza espressiva dal giovane Jake Gyllenhaal.

Il film è riuscito perfettamente nonostante la paura del regista Gavin Hood di opporsi alla legge di Hollywood secondo cui la tortura sulla pellicola allontanerebbe il pubblico dalle sale. Invece il pubblico c’è stato ed è rimasto senza fiato. Una fotografia intensa e realistica unita ad una colonna sonora emozionante hanno contribuito a rendere le scene ancora più profonde.

“Rendition” è stato girato principalmente in Marocco per semplificazioni cinematografiche e per gli ambienti locali, così pieni di vitalità, colore e sentimento. Un film carico di spessore morale e pronto ad esplodere in riflessioni e domande che potrebbero dare una svolta al mondo, sempre che ci siano orecchie disposte a sentirle.

Jacopo Lubich

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