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Recensione “Rapito”: il nuovo film di Marco Bellocchio in concorso a Cannes 2023

“Rapito” è il nuovo film di Marco Bellocchio, in concorso al Festival di Cannes 2023. Con un cast che comprende alcuni dei più grandi nomi del panorama italiano, insieme a giovani astri nascenti del cinema, fa luce sul caso Mortara, che vide il piccolo bambino Edgardo, di religione ebraica, venire strappato alla propria famiglia ed educato secondo la fede cattolica.

Indice

“Rapito” – Tutte le informazioni

Trama

Rapito - locandina

Nel 1858, per ordine della Santa Inquisizione, direttamente richiesto da Papa Pio IX, il giovane Edgardo Mortata, di 6 anni, viene prelevato e portato via di casa. Di religione ebraica, lo Stato Pontificio giustifica tale decisione affermando che il bambino, in tenera età, era stato battezzato all’insaputa dei genitori e andava perciò educato alla fede cattolica. Portato a Roma, nonostante i tentativi dei genitori, il bambino segue le regole e recita le preghiere che, ogni giorno, gli vengono impartite e insegnate in una scuola concentrata ossessivamente sul cattolicesimo, che spinge gli allievi, ignari e fin troppo piccoli, a diventare dei soldati di Cristo, pronti a tutto, anche a dare la vita. I genitori troveranno negli anni l’appoggio di tutta Europa, e non solo delle comunità ebraica, attirando anche l’attenzione degli Stati Uniti. Agli albori della Presa di Roma, Edgardo è ormai adolescente e i ricordi di quella vita prima del collegio non fa  che svanire ogni giorno di più.

Crediti

  • Regia: Marco Bellocchio
  • Cast: Fausto Russo Alesi, Enea Sala, Barbara Ronchi, Paolo Pierobon, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Leonardo Maltese, Andrea Gherpelli, Corrado Invernizzi, Paolo Calabresi, Renato Sarti, Aurora Camatti, Bruno Cariello, Fabrizio Contri, Samuele Teneggi, Federica Fracassi, Marco Golinucci, Giustiniano Alpi
  • Genere: drammatico
  • Durata: 135 min
  • Produzione: Italia, Francia, Germania, 2022
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Data d’uscita: 25 maggio 2023

Recensione

Un dramma crudo e carico di emotività

Rapito

“Rapito” è un dramma intenso, che non perdona e non giudica, ma racconta e narra una terribile storia vera, esponendo tutti i dubbi e le contraddizioni che arrivano a generare una profonda crisi d’identità, oltre che spirituale. Bellocchio trasporta il suo pubblico nella mente e nell’animo del piccolo Edgardo, e poi in quella di un adolescente plasmato a immagine e somiglianza di un devoto “soldato di Cristo”, come gli viene insegnato fin da piccolissimo. Scene dove decine di bambini, ogni giorno, recitano in coro preghiere di cui  viene loro impresso un senso volto solo al rito, al rispetto e all’adorazione. Ma al tempo stesso anche quel culto può venire meno, spezzato dai ricordi di un’infanzia rubata. “Rapito” facendo dei suoi punti cardine potere e libertà, esplora più tematiche, raccontando la tragedia di un bambino strappato alla propria famiglia e alla propria casa: un oggetto da ricomporre dopo averlo frantumato, lasciandone però sempre qualche pezzo fuori posto.

Il potere è quello che per anni ha avuto lo Stato Pontificio e la Chiesa, capace di macchiarsi di crimini come quelli di un rapimento alla luce del sole, trovando malcontenti e opposizioni, ma mai abbastanza per prendere in considerazione l’idea di rimediare. E la libertà è quella che dovrebbe avere un bambino, crescendo, di poter scegliere negli anni la propria fede. È qui che le sequenze del giovanissimo Edgardo indottrinato, alunno di una scuola dove si insegna solo tutto ciò che concerne la fede cattolica, si caricano di una tensione angosciante, nell’inquieta e travagliata rappresentazione di un’anima ignara e innocente che viene lentamente svuotata di tutto ciò che per anni era stato il proprio mondo. Nell’inevitabile divisone che si instaura tra istinto di protezione e necessità di ritrovare religiosità e valori familiari, potrebbe essere mai troppo tardi per trovare se stessi e capire le proprie convinzioni?

“Rapito” è un film straordinario

Rapito

Sincero e coinvolgente, nella trama e nelle riflessioni che suscita, “Rapito” è un altro dei capolavori del regista, che riesce a far luce su una vicenda che ha dell’atroce nella sua certezza di operare nel bene. Bellocchio indaga e scava nell’aspetto più umano dell’uomo attraverso una tematica estremamente delicata e ancora definibile insolita nel cinema. La religione e il proprio credo diventano il motore per analizzare e rappresentare l’animo dei personaggi, che attraversano più fasi della vita e della Storia. La Presa di Roma e la fine della Stato Pontificio e una libertà che investirà dei bambini ormai cresciuti. I contrasti e l’incoerenza di una fede forzata, simbolo anche di una libertà di espressione, parola e del fin troppo sfuggente e agognato libero arbitrio, continuano a vivere e forse distorcere la pische di chi non ha avuto il privilegio di poter essere un bambino.

“Rapito” è un film carico di umana emotività, trasmessa dalla scelta di cosa mostrare e cosa lasciare da parte, di cosa rendere vero e sentito e cosa palesare come falso e costretto. In un cupo racconto di formazione, dove è proprio quest’ultima a venire negata e scelta da altri, si alternano momenti di speranza e innocenza, affetti familiari e senso del dovere, paura e rimorso, sfiducia, desolazione e amara accettazione. Allo stesso modo sono le interpretazioni a incarnare ogni tema e aspetto che interessa la pellicola del regista. Il grande cast, dove spiccano alcuni nomi come Fabrizio Gifuni, Paolo Pierobon, Barbara Ronchi e Filippo Timi trova nei protagonisti il vero punto di forza di un film che offre dei punti massimi di recitazione e cinema. Leonardo Maltese, talento riconosciuto, si riconferma qui l’ottimo attore già scoperto con il film “Il signore delle formiche”, volto adulto del magistrale attore bambino Enea Sala. Per non parlare di Fausto Russo Alesi, che visto di recente in “Esterno notte”, regala un’altra straordinaria interpretazione.

“Rapito”: una messa in scena alla quale non manca nulla

Rapito

La tecnica di “Rapito” è impeccabile in ogni forma, dalla sceneggiatura alla scenografia che ritrae alla perfezione quelle atmosfere e quel luoghi di metà ‘800, ricostruendo momenti di vita quotidiana, e usi e costumi di un’Italia tremendamente divisa. La fotografia e la regia, sospese tra il tono del thriller e del noir, con quei vicoli bui e lugubri dove si consuma un rapimento permeato dall’attenzione, l’affetto e la premura di aver trovato un nuovo figlio della Chiesa, ricalcano alla perfezione un universo dove la propria coscienza individuale rischiava, fin troppo spesso, di diventare fanatismo. La colonna sonora esplode violentemente e improvvisa in momenti di forte dramma, dove nella rabbia si fa strada la disperazione, il rifiuto e lo sconforto, fino alla più straziante accettazione. “Rapito” è così un film che rimane indelebile nella mente e nel cuore dello spettatore.

“Rapito”: Giudizio e conclusione

“Rapito” è un film estremamente drammatico e cupo, sia dal punto di vista della vicenda che racconta che per quanto riguarda la messa in scena. Magistralmente interpretato da ogni membro del cast, la pellicola, di genere storico, è caratterizzata da una grande attenzione ai dettagli e ricostruisce perfettamente l’epoca in cui è ambientata. Dalla trama avvincente, “Rapito” si fa portavoce di più tematiche, ragionando sul concetto di potere e libertà, legandolo alla matrice religiosa, alla fede, spesso raffigurazione ed espressione di brutali convinzioni. “Rapito” racconta una terribile storia vera, dai risvolti tragici, oscuri e tetri, concentrandosi sull’aspetto più umano ed emotivo delle persone coinvolte.

Trailer

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