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Recensione “Creature di Dio”: un dramma intenso con una straordinaria Emily Watson

“Creature di Dio”, con nel cast Emily Watson e Paul Mescal, è un film fortemente drammatico, che presenta una location suggestiva e al tempo stesso inquietante, metafora dell’interiorità di personaggi scesi a patti con i propri dubbi e tormenti e quindi finalmente in pace con se stessi e con la propria esistenza.

Indice

“Creature di Dio” – Tutte le informazioni

Trama

Creature di Dio - locandina

In un piccolo villaggio di pescatori dell’Irlanda, la vita di Aileen viene improvvisamente stravolta, prima dal positivo ritorno del figlio andato via di casa anni prima, poi da ciò di cui quest’ultimo, Brian, viene accusato poco dopo. Aileen si mostra da subito talmente felice del ritorno di Brian, da lasciar perdere vecchi rancori e spiegazioni ormai troppo lontane nel tempo. Ma quando è ciò che accade, o che forse è accaduto, nel presente, a rendere il ritorno di Brian non così gioioso come avrebbe voluto, Aileen si ritrova divisa tra il proprio istinto materno e protettivo che ha nei confronti di tutti, in particolare dei figli, e un’etica che non avrebbe mai voluto neanche rischiare di tradire.

Crediti

  • Regia: Saela Davis, Anna Rose Holmer
  • Cast: Emily Watson, Paul Mescal, Declan Conlon, Toni O’Rourke, Marion O’Dwyer, Aisling Franciosi, Brendan McCormack, Isabelle Connolly
  • Genere: drammatico
  • Durata: 100 min
  • Produzione: Irlanda, Gran Bretagna, 2022
  • Distribuzione: Academy Two
  • Data d’uscita: 4 maggio 2023

Recensione

Le Creature di Dio che abitano un piccolo villaggio irlandese

Creature di Dio

Un’Irlanda affascinante e misteriosa, che imprigiona e allontana: un villaggio di pescatori senza nome, un non luogo che appare dimenticato dal mondo, dove l’unico mezzo di sostentamento è un allevamento di ostriche, attività di cui tutti si occupano. Sconfinate distese di verde, le onde di un mare grigio che si infrangono sugli scogli, un sole che non riesce a filtrare tra le nuove di un cielo nero e l’opprimente sensazione di essere condannati a vivere in quella terra. Una terra che si ama, fatta di un equilibrio rassicurante permeato di calma e tranquillità, nella certezza che ogni giorno sarà uguale a se stesso. Una volontà, solo a parole, di fuggire. Ma ha davvero senso scappare? Cosa c’è fuori da quel villaggio che valga la pena per sradicarsi dalla propria terra, che li ha cresciuti, accuditi e amati?

Le protagoniste femminili di “Creature di Dio”, pur mostrando un interesse indifferente verso ciò che c’è oltre il mare, vivono con serenità giorno dopo giorno, lavorando, passando le serate nei pub, cantando o ballando e, spesso sopportando, situazioni familiari frustranti dove la violenza di un universo chiuso sembra avere improvvisamente il diritto di irrompere senza preavviso. Ma è nei loro rapporti, nelle loro pause tra un turno e l’altro, che Aileen, Sarah, Mary e Sheila hanno trovato la loro placida stabilità, accettando dolori sepolti, come se fosse stata la vita a scegliere loro, e non il contrario. E se già di per sé “Creature di Dio” si presenti come un dramma potente, che mostra una condizione di rassegnazione, armonia e solo barlumi di serenità, è l’arrivo di un personaggio esterno a chiarire già da subito che qualcosa sta per cambiare.

Equilibri che aspettavano solo di essere spezzati

Creature di Dio

Il personaggio di Brian, altra magistrale interpretazione di Paul Mescal, riporta la luce negli occhi di Aileen, straordinaria Emily Watson, che fa di tutto per non dubitare di lui. Brian è l’elemento esterno, il ragazzo che è andato via, che ha attraversato il mare e che si è dimenticato di quel luogo che l’ha poi riaccolto senza alcun risentimento. Ma non tarda proprio lui a spezzare con brutalità quella pace precaria dell’anima e del corpo che sembra diventata finta e irraggiungibile. Se una madre fa di tutto per salvare il figlio e le donne si schierano con le donne, allontanando chi stimavano di fronte a un errore imperdonabile, così il maschilismo più volgare e crudo rende le vittime indifese di fronte a un carnefice che viene ammesso e trattato come se niente fosse mai accaduto. Ma mentre quel maschilismo è noncurante di un’accusa che dovrebbe almeno suscitare delle domande, le donne di “Creature di Dio” mettono in discussione se stesse per trovare delle risposte.

La pellicola di Saela Davis e Anna Rose Holmer è infatti un film quasi interamente al femminile, dalla regia alla scrittura, fino alle vere protagoniste della storia, che anche di fronte all’amore più smisurato, riescono ad andare oltre, a voler capire, comprendere e forse cambiare quel falso mondo pronto a crollare quando qualcuno viene inaspettatamente ferito. La reale protagonista di “Creature di Dio” è però l’Irlanda, o per meglio dire, un villaggio dimenticato dalla stessa Irlanda, dove sono le ostriche a regolare la vita delle persone, dove niente deve cambiare, dove la marea si alza ogni notte e dove è meglio annegare, che imparare a rimanere a galla, perché tutto deve rimanere com’è sempre stato. Per qualsiasi agente estraneo che frantuma gli equilibri ci penserà il mare a ristabilire l’ordine.

“Creature di Dio”: Giudizio e valutazione

Caratterizzato da una regia intrisa di dramma, con musiche e scene che preannunciano eventi distruttivi, e un mare spesso unico protagonista non solo della vicenda, ma di intere sequenze, “Creature di Dio” esplora la figura femminile nelle sue sfaccettature più ampie, non riuscendo però a dire realmente qualcosa. La fotografia dai colori freddi rende percepibile angosce e tormenti, ma il film non convince fino in fondo nell’approfondire alcune tematiche, lasciando fin troppo celato quale sia il suo senso finale, arrivando ad essere solo mera rappresentazione di una situazione dove la propria morale ha rischiato di venire meno.

Trailer

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