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Quattro notti di uno straniero – Recensione

Un uomo, una donna e un modo troppo veloce e distratto che rinuncia alle sue potenziali insostenibili bellezze

(Quatres nuits d’un étranger) Regia: Fabrizio Ferraro – Cast: Marco Teti, Caterina Gueli Rojo – Genere: Drammatico, b/n, 90 minuti – Produzione: Italia, 2013 – Distribuzione: Boudu – Data di uscita: 14 febbraio 2013.

quattro-notti-di-uno-straniero“Quattro notti di uno straniero”, film del giovane Fabrizio Ferraro distribuito da Boudu e co-prodotto da Fuori Orario, è ispirato al racconto ottocentesco “Notti Bianche” di Dostoevskij; qui il protagonista è un uomo solo, un sognatore che trascorre le sue notti insonni passeggiando sulle sponde del fiume di San Pietroburgo. Un romanzo mutevole, capace di confrontarsi con molti elementi e aprirsi a tanti contesti, talmente affascinante da aver attirato in passato parecchi registi tra cui Visconti. Ferraro dedica le sue quattro notti a due personaggi, un uomo e una donna, forse sconosciuti, forse amanti che si inseguono e si sfuggono sotto i lampioni di una suggestiva Parigi.

Quello di Ferraro è un tentativo di sviluppare il film sul piano visivo e portare Marco e Caterina, i due protagonisti, sulla totalità ottica. La luce fa da padrona nelle sue riprese e per questo motivo la si può immaginare quasi come una terza protagonista. In “Quattro notti di uno straniero” niente è definito, facile e scontato. La storia potrebbe suonare come familiare: un uomo, una donna, un mondo che li circonda; eppure il regista tenta di tutto per non cadere nel già visto. Egli offre poco spazio ai dialoghi, quelli presenti, sono per lo più montati in maniera asincrona rispetto alle immagini.

La musica (dalla classica, alle preghiere, alla post-punk) invece ha una sorta di funzione esplicativa delle immagini.“Quattro notti di uno straniero” è un film sperimentale, girato in poco più di un mese in ambienti esterni che hanno richiesto quattro mesi di sopralluoghi per poter entrare in accordo con il progetto del regista. Sicuramente innovativo, un film di rottura del linguaggio cinematografico italiano, che affida il racconto alla potenza dei suoni e alla luce.

Giulia Surace

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