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Quand je serai petit – Recensione

Al suo secondo lungometraggio, il regista e attore Jean-Paul Rouve racconta una storia originale ed emozionante che scorre in un magico equilibrio tra invenzione e realismo

Regia: Jean-Paul Rouve – Cast: Jean-Paul Rouve, Benoît Poelvoorde, Claude Brasseur, Miou-Miou, Arly Jover, Lisa Martino, Xavier Beauvois, Gilles Lellouche, Miljan Chatelain, Lolita Offenstein – Genere: Drammatico, colore, 95 minuti – Produzione: Francia, 2012.

quandjeseraipetitIn occasione di un viaggio, Mathias, 40 anni, incontra per caso un bambino, che stranamente somiglia a lui quando aveva quell’età. Profondamente turbato, si lancia in una missione insensata: mettersi sulle tracce di quel ragazzino. Il risultato della ricerca lo porterà a rivivere il passato.

“Quand je serais petit” è un film di memorie e un viaggio psicanalitico nei fantasmi del passato: un progetto a basso budget, in cui il realismo, nonostante il soggetto surreale, la fa da padrona. Il tema del viaggio come ricerca di se stessi è alla base dell’opera del regista che, essendo conosciuto come attore comico, sorprende per la emozioni drammatiche che è capace di suscitare.

A tal proposito, chi ne dà tante di emozioni è il piccolo Mathias, alter ego del Mathias grande, molto bravo, naturale, dolce e spontaneo come solo i bambini di dieci anni sanno essere.

Ha un suo perchè la scelta dei paesaggi del Nord della Francia, tristi ma al tempo stesso poetici, così come sono poesia pura i dialoghi tra Mathias e l’alter ego del padre, ai bordi di un aeroporto a basso traffico, con le rispettive macchine fotografiche di contorno.

La speranza è che la distribuzione italiana si accorga di quest’opera, lontana mille miglia dal cinema italiano, ma proprio per questo bisognosa di visibilità.

Salvatore Cusimano

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