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Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)

Recensione

Qualcuno volò sul nido del cuculo: quando il cinema urla la disperazione

Qualcuno volò sul nido del cuculo recensione

Nel 1975, il ceco Milos Forman riuniva un cast straordinario attorno a uno dei film più (e meglio) premiati della storia del cinema, il primo ad aggiudicarsi tutte e cinque i più prestigiosi premi dell’Academy dai tempi di Frank Capra: “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.

L’opera rappresenta uno dei punti più alti della carriera di Jack Nicholson, qui nei panni di un “malato immaginario” che, per sfuggire all’orrenda realtà delle carceri americane, si tuffa in una forse ancora peggiore – quella degli istituti statali di igiene mentale. Tra denuncia sociale e critica culturale, l’opera di Forman ha segnato profondamente il nostro modo di intendere il cinema, squillando come un urlo di disperazione nel silenzio colpevole degli anni del Viet Nam.

Una fuga necessaria

Il cuculo, il cuckoo – in inglese simbolo di follia, eufemismo per il “pazzo”; ma anche un animale che, proverbialmente, non fa nidi, e dissemina prole (diremmo noi) “illegittima” tra le uova di altre mamme. Un animale, poi, che nascendo getta come prima cosa i suoi fratelli fuori dalla culla, uccidendoli prima ancora di saper vedere. Un reietto, violento, aggressivo, pericoloso, che Jack Nicholson incarna alla perfezione. Il motivo per cui riusciamo a immedesimarci nel personaggio di MacMurphy risiede soprattutto nella sua condizione di estraneo in tutti i contesti in cui è calato: è rifiutato dalla società che l’ha chiuso in galera, ed è diverso dai suoi nuovi compagni di prigionia perché, a differenza loro, la sua malattia è soltanto simulata.

La sua progressiva sconfitta, la sua tragedia moderna (e romantica) di libero individuo che capitola dinnanzi alla pressione soverchiante della società, non è poi così distante da quella, pur (riteniamo) meno emotivamente coinvolgente, del di poco precedente “Arancia meccanica” (Stanley Kubrick, 1971). Eppure cosa fa di Alex un personaggio “ultraviolento” e di Randle uno tutto sommato amabile? Anche nel suo caso, dopo tutto, come ben nota Roger Ebert, ci troviamo di fronte a un carattere quanto meno misogino (e molestatore di minorenni), maschilista, ed effettivamente violento – il cui patente cinismo certo sparisce davanti alla brutalità di una società ancora peggiore di lui, ma in fondo questo vale anche per il personaggio di Burgess. No: la differenza centrale tra i due film risiede nel focus del racconto. Se Kubrick offre un’esperienza agghiacciante di violenza e degrado filtrati dalla prospettiva interiore di chi li foraggia e subisce al contempo, Forman fa del povero cuculo un ambasciatore di un messaggio storico al contempo più ampio e meno trascendente: l’anelito, americano ma non solo, a una libertà senza freni, all’autodeterminazione del singolo, all’anarchia, all’emancipazione da uno stato-gabbia. Anche, forse, la liberazione da una morale antifisiologica.

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Oggi, alcuni probabilmente vedrebbero nel personaggio di Nicholson l’immagine dell’individuo irresponsabile che rifiuta ogni considerazione del peso delle proprie azioni sul mondo che lo circonda (ed è a tratti inquietante quanto queste osservazioni possano echeggiarne altre, come quelle di Mildred Ratched) – più accuratamente, bisognerebbe rinvenirvi la traccia di una rivolta cui si impedisce con la forza di diventare rivoluzione, un sogno visionario, lo stesso di Daria in “Zabriskie Point” (Michelangelo Antonioni, 1970), che sopravvive nella fuga trasognata e urgente di Bromden dal manicomio di Salem (uno, ci permettiamo, dei finali più potenti e commoventi che il cinema hollywoodiano ci abbia lasciato).

Un film sulla follia?

In questo senso, dire che “Qualcuno volò sul nido del cuculo” sia un film sulla follia è inesatto e, forse, anche inopportuno. La follia dei personaggi è solo abbozzata, è uno stadio infimo di umanità cui MacMurphy è costretto con la chirurgia, una punizione esistenziale definitiva, una prigione dalla quale non si può evadere. La riflessione culturale non riguarda la decostruzione della “normalità”, e non è dunque mirata a sovvertire gli stereotipi violenti e oppressivi che ancor oggi spesso muovono la pratica psichiatrica, ma si concentra piuttosto sul bisogno di evasione del singolo da una condizione inumana (e il suo inevitabile tracollo in una, purtroppo, subumana). Non si deve, certo, criticare un’opera per quello che “non dice” – si deve però sottolineare cosa dice effettivamente, onde evitare di trarne sbagliati manifesti. Ed è anche per questo che, ancora oggi, occorre tornare a guardare questo capolavoro americano: non per cercarvi quello che non può darci, ma per lasciarci trasportare da tutto quello che ha da raccontare sulla libertà e i suoi limiti, e su quanto ancora permeante sia la forma “manicomio” nel nostro modo di vivere in questa società.

Lorenzo Maselli

Recensione

Qualcuno volò sul nido del cuculo: uno dei più grandi successi del cinema impegnato americano

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Il secondo lavoro americano del regista ceco Milos Forman è uno dei più grandi successi del cinema impegnato di tutti i tempi. Passato alla storia per la straordinaria interpretazione di Jack Nicholson nel ruolo del ribelle McMurphy, il film, fra i pochi nella storia di Hollywood, si è aggiudicato tutti e cinque gli Oscar più importanti: Miglior Film, Regista, Attore, Attrice e Sceneggiatura oltre a fare man bassa di Golden Globe e Bafta Award.

Il titolo “Qualcuno volò sul nido del cuculo” deriva da una filastrocca per bambini che non viene citata in sceneggiatura, ma che nel libro da cui è stata tratta allude alla follia. Ambientata in un manicomio dell’Oregon negli anni Sessanta, la storia si incentra sulle vicissitudini dell’inquieto Patrick McMurphy, un detenuto recidivo che si finge pazzo per cercare di sfuggire al carcere. Nell’ospedale psichiatrico in cui viene trasferito trova però una situazione ancora più oppressiva della galera: un gruppo di malati sofferenti dominati con pugno di ferro dalla gelida e tirannica infermiera Ratched. Ben presto McMurphy diventa il leader del suo reparto, conducendo gli altri malati a piccoli atti di ribellione e alla percezione della loro umanità nonostante la diversità. Il suo scontro continuo con l’infermiera Ratched lo porta a progettare una fuga da quell’universo concentrazionario che non può che risolversi in tragedia. A fuggire sarà il suo amico indiano, “Grande capo”, a dimostrazione che ormai il germe della libertà è entrato nelle menti di quelli che lo hanno conosciuto.

Qualcuno volò sul nido del cuculo: la solitudine dell’individuo faccia a faccia col potere

Qualcuno volò sul nido del cuculo scena

Nonostante il passare degli anni “Qualcuno volò sul nido del cuculo” rimane ancora attuale, non solo perché girato efficacemente e interpretato da un gruppo di attori eccellenti, fra i quali, giovanissimi, Christopher Lloyd e Danny DeVito, ma perché privo di ogni tono predicatorio. Il centro della riflessione non è dunque semplicemente il trattamento dei malati di mente, fortunatamente molto migliorato nei tempi recenti, ma il rapporto dell’individuo con un potere che tende a schiacciarlo per imporgli “il suo bene”, non a caso viene chiamato a interpretarlo Nicholson che, con la sua partecipazione ad “Easy Rider” (1968), era già diventato un’icona libertaria nel decennio precedente. L’attualità di questo conflitto fra la macchina cieca delle istituzioni e l’impulso infinito della libertà garantisce alla pellicola un’eterna freschezza, amplificata dall’apertura di giudizio di Forman che non suggerisce nessuna facile soluzione al problema.

Fabiana Girelli

Trama

  • Titolo originale: One Flew over the Cuckoo’s Nest
  • Regia: Milos Forman
  • Cast: Jack Nicholson, Louise Fletcher, William Redfield, Will Sampson, Brad Dourif, Christopher Lloyd, Danny DeVito, Dean R. Brooks, Scatman Crothers, Vincent Schiavelli, William Duell, Mwako Cumbuka, Nathan George, Alonzo Brown, Peter Brocco, Josip Elic, Lan Fendors, Mimi Sarkisian, Mews Small, Louisa Moritz, Michael Berryman, Anjelica Huston
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 133 minuti
  • Produzione: USA, 1975

qualcuno volo sul nido del cuculo locandina

“Qualcuno volò sul nido del cuculo” è un film diretto da Milos Forman e interpretato da Jack Ncholson.

La trama

Randle MacMurphy (Jack Nicholson) è un carcerato che riesce a farsi passare per infermo e a farsi trasferire in una clinica psichiatrica di stato, dove la sua situazione dovrà essere valutata dagli esperti. Sin dal suo arrivo presso la struttura, MacMurphy si inimica dottori e infermiere, in particolare la caporeparto Mildred Ratched (Louise Fletcher), con la quale stabilisce un rapporto di conflitto costante e diffuso che, progressivamente, toglie sempre più margini di autonomia al paziente, che frattanto cova la speranza di una fuga.

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