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Qualcuno da amare – Recensione

In concorso a Cannes nel 2012 il film di Kiarostami non è per tutti i palati, i tempi dilatati e il proporre una storia che a mala pena ha un inizio e di sicuro non ha una fine lo rende ostico ai più, ma facilmente apprezzabile da chi gode anche dei soli movimenti di macchina da presa che contraddistinguono il lavoro del cineasta iraniano

(Like Someone in Love) Regia: Abbas Kiarostami – Cast: Ryo Kase, Denden, Rin Takanashi, Tadashi Okuno – Genere: Drammatico, colore, 109 minuti – Produzione: Iran, Francia, Giappone, 2012 – Distribuzione: Lucky Red – Data di uscita: 24 aprile 2013.

qualcuno-da-amareLo stimato regista Abbas Kiarostami ,come nel precedente “Copia conforme” (anch’esso in concorso a Cannes nella Selezione Ufficiale del 2010), intraprende un personale percorso d’introspezione nei sentimenti umani, spostandosi dalla Toscana alla vitalissima Tokyo.

Il film è un breve ma intenso spaccato (tutto si svolge in un lasso di tempo inferiore a 24 ore) della vita di Akiko, giovane studentessa universitaria che si prostituisce per mantenersi agli studi, in cui la ragazza incontra un anziano e affettuoso professore universitario, desideroso di compagnia e non di sesso.

In poche ore l’uomo fa breccia nel cuore della giovane donna, che davanti all’affabilità e alla generosità di quest’uomo si ritrova priva di quella corazza di ipocrisia che ammanta le sue giornate.

Il cineasta non giudica né i protagonisti, né le loro azioni, indugiando piuttosto sul loro sentire, che porta sullo schermo grazie a dialoghi intensi e tempi dilatati, forse anche troppo per lo spettatore medio, che ha fretta di arrivare al finale, che in questo caso è per i più spiazzante, in quanto tronca la vicenda lasciando a chi sta seduto in sala il compito di riflettere su quanto visto, come chi osserva delle vicende alla finestra, al pari della vicina di casa del professore, che guarda pensando di sapere tutto sulla vita dell’uomo.

Il regista, come già in precedenza nelle sue opere, mostra la parte migliore di se nella tecnica di ripresa, che in alcune sequenze, come nei momenti iniziali al bar (dove vengono sovrapposti in un gioco di riflessi i diversi protagonisti, fine metafora della sovrapposizione dei diversi stati d’animo dei personaggi) o quando il professore interloquisce in camera da letto con la giovane (che non vediamo chiaramente ma percepiamo riflessa sullo schermo del televisore), arricchisce il girato di un’intensità emotiva che la sola narrazione non potrebbe raggiungere.

Risulta vincente la scelta di attori non professionisti, che trova la sua massima espressione nell’interprete dell’anziano professore, vero punto di forza della pellicola. Quest’attore, con alle spalle 50 anni di lavoro come comparsa, dona all’uomo una naturalezza ed una spontaneità inusuali, che rendono credibile le vicende.

Però, come in “Copia conforme”, la tecnica supera di gran lunga la poesia e lo spettatore non può che stare a guardare, senza mai poter entrare in empatia con i protagonisti.

Peccato che Kiarostami, regista notevole e sensibile, non riesca ultimamente a fondere arte e pathos, donando alle sue storie quell’anima che renderebbe tutto più coinvolgente. A volte anche osare un giudizio non è così negativo, se serve a rendere la storia narrata più viva e coinvolgente.

Maria Grazia Bosu

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