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Prospettive di un delitto – Recensione

Un thriller che delude nonostante il concept di base sia solido e originale

Regia: Pete Travis – Cast: Dennis Quaid, Matthew Fox, Forest Whitaker, Sigourney Weaver, William Hurt, Saïd Taghmaui, Ayelet Zorer, Edgar Ramirez, Eduardo Noriega – Genere: Thriller, colore, 90 minuti – Produzione: USA, 2008 – Distribuzione: Sony Pictures – Data di uscita: 29 febbraio 2008.

prospettive-di-un-delittoC’avevamo quasi creduto, di trovarci di fronte ad un thriller finalmente originale, che ponesse la stessa questione sotto diversi punti di vista, per arrivare da diversi percorsi ad una sola conclusione ricca di sfaccettature. Invece “Prospettive di un delitto”, sebbene non sia proprio tutto da buttar via, delude le aspettative di chi, trovandosi a guardare un film pieno di star di altissimo calibro, si aspettava un capolavoro o quasi.

Il presidente degli Stati Uniti è in Spagna per un summit di pace, ma come sempre accade in queste situazioni, il qualcosa che doveva andare storto se n’è andato proprio nella direzione opposta. Un fantomatico cecchino gli spara, un paio di esplosioni conferiscono alla situazione la necessaria tragicità, l’agente dei servizi segreti tornato in servizio dopo un anno di riposo (per aver salvato la vita al presidente…e la storia si ripete!) si dà da fare per risolvere la situazione, scopre l’immancabile doppio gioco e salva capra e cavoli. L’avete già sentita questa storia, siamo pronti a scommetterci. Eppure, nonostante questo, il concept di base è spettacolare.

Gli stessi tre minuti di terrore raccontati da otto punti di vista diversi, ognuno dei quali fornisce a chi guarda elementi aggiuntivi che, man mano che la storia va avanti, danno un quadro chiaro della situazione senza però svelare nulla troppo precocemente. Peccato che questa iperbole stilistica si riduca alla prima mezz’ora del film, e dopo aver rivisto la stessa scena quattro volte, sebbene attraverso gli occhi di altrettanti personaggi, il tutto si rimescoli in una narrazione globale, tipica del film d’azione, dove alla visione soggettiva dei personaggi si sostituisce quella d’insieme, inquinata da inseguimenti ad alto tasso di velocità, e purtroppo anche di assurdità.

Come quando l’auto dell’agente Barnes, vero protagonista della storia, resta schiacciata tra un muro ed un camion (forse di gelati, non si capisce), si accartoccia (letteralmente) ma, miracolo, l’agente ne esce vivo e vegeto, solo con qualche graffio e nemmeno una costola ammaccata. Speravamo che per il suo grande ritorno sullo schermo Dennis Quaid, piuttosto attempato ma ancora in forma smagliante, avrebbe scelto un film che gli permettesse non soltanto di dimostrare le sue doti fisiche ma che gli desse la possibilità di sviluppare un personaggio che, all’apparenza, possiede una profondità che purtroppo gli sceneggiatori non gli hanno dato la possibilità di ampliare. Così come accade a tutti gli altri protagonisti del film, da William Hurt nei panni del presidente degli Stati Uniti, a Sigourney Weaver che interpreta la perfezionista produttrice televisiva Rex, che però dopo i primi dieci minuti scompare come per magia dallo schermo, senza più farvi ritorno.

Gli interrogativi che il film lascia in sospeso sono tanti, forse troppi. Da dove provengono i terroristi che attentano alla vita del presidente? A quale organizzazione appartengono? Qual è il loro background? Cosa lega gli uni agli altri? Va bene che ormai il terrorismo è diventato il prezzemolino di quasi tutti i film d’azione degli ultimi tempi, ci può stare che sia diventato il capro espiatorio degli sceneggiatori che, giustamente, attingono a piene mani da un argomento che resta attuale sempre e comunque. Ma quello che non si capisce è l’ideologia che in “Prospettive di un delitto” muove la cellula terroristica ben organizzata. Si passa dall’agente corrotto, mosso da non si quale motivazione, alla giovane dinamitarda che potrebbe far parte di qualsiasi organizzazione di stampo terroristico non meglio identificata, per finire all’attacco kamikaze che richiama tanto la Jihad e Al Qaeda.

Cattivi sì, ma forse con le idee un po’ confuse. O forse, le idee confuse, ce le aveva solo lo sceneggiatore. Pochi, purtroppo, gli elementi da salvare. Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo ancora, il concept di base della multi prospettiva è geniale, peccato che non sia stato sviluppato in maniera adeguata e che tanto lo sceneggiatore quanto il regista sia passato con fin troppa superficialità sopra a situazioni e personaggi che avrebbero potuto costituire il valore aggiunto di una storia di per sé uguale a tante altre.

Daria Ciotti

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