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Pride – Recensione

Un’alleanza improbabile tra minatori e omosessuali contro l’ordine costituito e ogni forma di intolleranza 

Regia: Matthew Warchus – Cast: Bill Nighy, Andrew Scott, Dominic West, Joseph Gilgun, Imelda Staunton – Genere: Drammatico, colore, 120 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2014 – Distribuzione: Teodora Film – Data di uscita: 11 dicembre 2014.

prideGalles, 30 giugno 1984: nel pieno dell’era Thatcher, un gruppo di minatori indice uno sciopero che durerà quasi un anno, assumendo un connotato di rivoluzione sociale nel momento in cui a suo sostegno interviene una minoranza della comunità omosessuale di Londra, mediante il movimento LSGM (Lesbians and Gays Support the Miners).

“Pride”, secondo lungometraggio cinematografico di Matthew Warcus, è basato su un episodio storico realmente avvenuto. Al centro della vicenda l’unione difficoltosa ma efficace tra due realtà assai distanti tra loro, due mondi diversi che trovano un canale comunicativo in uno stato di ribellione contro il potere oppressivo esercitato dalla linea dura di Margaret Thatcher e, più in generale, contro l’intolleranza del pensiero comune. Un piccolo gruppo di omosessuali londinesi, guidati dall’indomito Mark Ashton, sposano una causa apparentemente lontana, sia per questioni ideologiche che per ragioni geografiche: quella di un gruppo di minatori gallesi entrati in sciopero per protestare contro la chiusura dei propri posti di lavoro, unica fonte economica stabile per la sopravvivenza di un villaggio gallese.

Dopo un approccio relazionale assai difficoltoso, i minatori riconoscono la purezza dell’intento degli aspiranti “compagni”, che raccolgono fondi in collette per far sì che lo sciopero possa proseguire ad oltranza. I due gruppi finiscono così per unirsi, pur nella difficoltà estrema dettata non solo dalla condizione generale della lotta al potere costituito, ma anche dalla scontrosità di alcuni membri del comitato dei minatori che non riconoscono la pertinenza né la proficuità dell’unione tra concezioni di vita e società così apparentemente lontane. Al di là di piccoli incidenti di percorso, tuttavia, la prospettiva dell’alleanza si apre  ben presto a una contestazione di portata più ampia, di unione sociale a scapito della soddisfazione individuale: i due gruppi trovano nella via socialista il percorso comune da seguire per abbattere una struttura culturale che, pur nella specificità delle diverse situazioni, si pone come un enorme leviatano per sconfiggere il quale è necessaria una comunanza di forze e di intenti.

La ripresa del lavoro senza la soddisfazione delle richieste degli scioperanti, quasi un anno dopo l’inizio dello sciopero, risulta una battaglia persa; ma ciò che si è guadagnato, nel combattere questa battaglia, è qualcosa di molto più grande: il germe di un’aspettativa rivoluzionaria. Le immagini storiche dei minatori gallesi che accorrono in massa al Gay Pride di Londra, nel giugno del 1985, fanno oggi commuovere e riflettere su quanto la sovrastruttura culturale occidentale sia un liquido in fermento continuo, influenzabile e modificabile mediante azioni concertate, frutto di una coesione di intenti a partire da basi che possono reciprocamente differenziarsi sotto molti aspetti, ma non per quanto riguarda la radicalità dell’opposizione allo stato delle cose, il rifiuto di un adagiamento passivo ai dettami del potere e delle sue diramazioni – l’imposizione delle leggi, la selezione degli elementi strutturali dell’edificio culturale, l’intolleranza nei confronti dell’alterità e del carico di dissenso che sempre questa porta con sé.

Il montaggio rapido, la sceneggiatura brillante – in molti tratti da commedia autentica – e lo sviluppo rapido e incisivo delle vicende conducono all’interno di un percorso narrativo spontaneo e avvincente, nella ricostruzione di un’iniziativa storica latrice di una radicale innovazione a livello socio-culturale. Il mescolarsi dei due mondi – quello della realtà paesana gallese e quello dell’alternativa urbana -, la scoperta dei tratti di convergenza, il comune obiettivo da perseguire portano a un’integrazione totale, a una comprensione reciproca, a uno stato di amicizia. L’ideologia è sorpassata dalla solidarietà. E, in definitiva, questo è “Pride”: un trionfale inno all’umana fratellanza.

 Marco Donati

 

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