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Prayers for the Stolen: recensione del film in esclusiva su MUBI

“Prayers for the Stolen”, opera prima di Tatiana Huezo, sarà disponibile in esclusiva su Mubi dal 29 aprile 2022. Il film ha ottenuto la Menzione speciale nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2021 e nell’autunno dello stesso anno è stato presentato ad Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma.

Prayers of the Stolen: un pugno allo stomaco che lascia senza fiato

prayers for the stolen foto

È questo un film doloroso, che non può lasciare indifferenti. Un film che accompagna a casa lo spettatore, rimanendo nella mente e nell’anima a lungo. “Prayers for the Stolen” lascia traccia di se in chiunque lo veda. Ma davvero la vita può essere così dura?

Siamo in Messico, nel Messico dei villaggi controllati dai Narcos, luoghi dimenticati da Dio e dagli uomini, in cui vige la legge del più forte. Famiglie che non sanno come sbarcare il lunario, costrette, anche per paura, non solo per necessità, a lavorare nella raccolta dell’oppio. Tutto per pochi soldi coi quali sopravvivere, e sopratutto per quella infondata speranza di un briciolo di tutela e protezione da parte del cartello. Chi lavora per questi tiranni spera che stare al loro servizio li ponga in una condizione di ‘immunità’ rispetto ai loro soprusi. Ma si sa, il prepotente non conosce né regole né rispetto. In un contesto problematico come questo, in molti partono alla ricerca di un lavoro col quale sostenere la famiglia, ma tanti una volta lontani, della famiglia riescono persino a dimenticarsi.

Donne in balia della follia di pochi

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Nel piccolo villaggio di Guerrero anche l’istruzione sembra essere un lusso, la scuola dipende spesso dal coraggio dell’insegnante di turno, che deve vedersela con le minacce della malavita che, si sa, vede nell’istruzione un pericoloso strumento che stimola la libertà.

Il film si concentra sulla vita di Ana e delle sue due amiche, mostrando come per le ragazze sopravvivere in questo ambiente sia davvero difficile. Da bambine imparano a nascondersi e confondersi con i maschi. Rinunciano alle lunghe chiome e ai vestiti femminili perché in questo luogo solitario, arroccato tra le montagne, le ragazze spariscono, per poi magari riapparire cadaveri in un bosco, gettate come spazzatura.

Una notevole opera prima che conquista al primo istante

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Tatiana Huezo per la sua opera prima sceglie di portare sullo schermo un libero adattamento dell’omonimo libro di Jennifer Clement, edito nel 2014, raccontando lo spettro della schiavitù e del contrabbando d’organi, in mano agli stessi narcotrafficanti.

La Huezo, con trovate registiche particolarmente riuscite, dimostra una maturità narrativa elevata. Le riprese naturalistiche, quasi da documentario, che per un attimo mostrano tutto un micro cosmo che si muove attorno alla follia umana, si fondono alle immagini in cui a dominare sono spesso i volti. Volti di donne sole e disperate, volti di bambine che si affacciano alla vita, volti di chi scappa dal veleno nebulizzato dagli aerei del narcotraffico sulle vie del paese.

Questo mix di natura incontaminata e umanità allo stremo regala al girato un qualcosa di speciale. Le immutevoli regole della natura in cui tutte le formiche collaborano alla raccolta del cibo per la dispensa, o un serpente velenoso non può che strisciare perché quella è la sua natura, stridono col racconto dell’umana malvagità. Uomini che smembrano giovani vite per vendere organi al migliore offerente.

Una fotografia eccellente, opera di Daniela Ludlow, da spessore al girato, dove lo sguardo della registra attraverso buchi nella parete, talvolta piccoli, talvolta ampi, incornicia momenti e stati d’animo. Brave tutte le attrici nel dare vita ad un mondo al femminile in cui è difficile conservare la propria vita, in cui non c’è spazio nemmeno per sognare.

“Prayers for the Stolden” è un film spiazzante che ci ricorda quanto a volte siano futili molti nostri problemi.

Maria Grazia Bosu

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