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Piranha 3D – Recensione

Un classico dei killer animal movies da gustare fresco fresco, inforcando gli occhialetti colorati. È proprio il caso di dire: mannaggia li pescetti!

Regia: Alexandre Aja – Cast: Elisabeth Shue, Adam Scott, Ving Rhames, Christopher Lloyd, Eli Roth – Genere: Horror, colore, 88 minuti – Produzione: USA, 2010 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 4 marzo 2011.

piranha3dUn membro maschile tranciato di netto fluttua nella limpida acqua del Lake Victoria. Ci si fionda un pescione a metà tra un gremlin incazzato e un alien con le branchie. Inghiotte il pisello, lo risputa sbocconcellato, rutta e se ne va. That’s “Piranha 3D”. Il nuovo giocattolone splatter di Alexander Aja, francese ormai trapiantato ad Hollywood, che prendendo il testimone lasciato negli anni ’80 da Joe Dante e James Cameron (mica pizza e fichi), riesuma il killer fish movie per adattarlo all’ormai imperante 3D.

Il soggetto è quello standard per il genere. In seguito ad un misterioso evento naturale, un affollato luogo di vacanza diventa terreno, o meglio acquario di caccia per degli affamati e numerosissimi piranha che tingono di rosso le acque di un lago, divorando goderecci villeggianti con una mattanza che neanche a Favignana nel mese di maggio. Contro di loro una coraggiosa poliziotta aiutata dal figliolo che da sfigato nerd si trasforma in eroe salvatore.

Tra omaggi alla golden age del genere (il prologo con Richard Dreyfuss in primis, ma anche la presenza di Elisabeth Shue e Christopher Lloyd, al solito scienziato pazzo) e un abbondante e dovuto uso di frattaglie, stavolta schiaffate direttamente sulla faccia dello spettatore munito di occhialini, Aja affronta con il giusto spirito goliardico un tipo di film che, Squalo di Spielberg a parte, noi (ex) ragazzi guardavamo in seconda serata su qualche rete privata per il solo gusto di vedere come la bionda di turno sarebbe caduta stupidamente nelle fauci del mostro inabissato. E qui di ragazze poco sveglie e dal bikini generosamente rigonfio, quando non direttamente in topless, ce ne sono a iosa, così come le scene di voraci pasti piragneschi. Eppure, a differenza di altri horror catastrofisti contemporanei (il filone Final Destination ad esempio) la tensione riesce sempre a rimanere su livelli di guardia, soprattutto nelle scene di isteria collettiva dove si distingue un impagabile Eli Roth, uno che di tettone urlanti e amputazioni alla buona se ne intende eccome. Per chi non fosse ancora sazio di pesce, il finale lascia aperta, o meglio spalancata, la porta del sequel.

Vassili Casula

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