Eco Del Cinema

Pina – Recensione

“Pina”: un film di Wim Wenders sulla grande danzatrice e coreografa Pina Baush

Regia: Wim Wenders – Cast: Pina Bausch, Regina Advento, Malou Airaudo, Ruth Amarante, Rainer Behr, Andrey Berezin, Damiano Ottavio Bigi, Bénédicte Billet, Ales Cucek, Clementine Deluy, Josephine Ann Endicott, Lutz Förster – Genere: Documentario, colore, 103 minuti – Produzione: Germania, 2011 – Distribuzione: Bim – Data d’uscita: 4 novembre 2011.

pinaUna lunga amicizia ha sempre legato il regista Wim Wenders e la danzatrice e coreografa Pina Baush. Per lungo tempo hanno pensato ad un film insieme. Ma solo con le nuove frontiere del 3D post Avatar, la cosa si era resa possibile.

Nel 2009 Pina Baush a pochi giorni dall’inizio delle riprese muore improvvisamente. A quel punto, Wenders e i danzatori del Tanztheater decidono comunque di andare avanti con il progetto. Così nasce “Pina”, che racconta la vita e l’opera di questa piccola e grande donna. E ci riesce, nonostante manchi proprio lei la protagonista.

Ma lei invece c’è ed è negli occhi e nelle parole di tutti i suoi collaboratori. E questo arriva con potenza allo spettatore. Wim Wenders ha portato in scena grazie al 3D tutte le suggestioni del teatro danza inventato negli anni ’70 dalla Baush. E lo ha fatto ricreando tutte le coreografie di quattro dei suoi lavori più importanti.

Si parte da “Le Sacre du Printemps” del 1975. Uomini e donne s’incontrano e scontrano su un palcoscenico coperto di pece scura dove lasciano il segno con i loro piedi nudi. Alla fine una delle danzatrici sarà immolata in un rito oscuro coperta da un abito rosso fuoco. Il secondo pezzo “Kontakthof” è stato un po’ il manifesto della Baush ed è stato riproposto ben tre volte dal 1978 al 2008. Dei danzatori si muovono a gruppi in una sala da ballo completamente vuota.

C’è anche lei, Pina tra gli interpreti di “Cafè Muller” del 1978. In un caffè spoglio tutti si muovono come acceccati e si sentono solo grazie al senso del tatto e alla musica che li circonda. Si chiude con il lavoro più recente “Vollmond”. Un grande masso sotto la luce argentea della luna è lo scenario dei danzatori.

C’è acqua per terra e tensione erotica tra uomini e donne che finiscono in unisono in una danza ebbra e selvaggia. “Pina” nasce come un omaggio ad un’artista che per esprimersi non usava le parole ma il corpo. I suoi occhi profondi leggevano nel più profondo dell’anima dei suoi interlocutori. E alla base delle sue coreografie c’erano le numerose domande che lei faceva ai suoi danzatori, che rispondevano con dei movimenti.

Il sottotitolo del documentario è “balliamo, balliamo, altrimenti siamo perduti”, il testamento spirituale di una donna che ha fatto della danza un linguaggio universale.

Ivana Faranda

Articoli correlati

Condividi