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Once – Recensione

John Carney, regista e musicista, scrive una storia d’amore a tempo di musica che ha infiammato il pubblico irlandese

Regia: John Carney – Cast: Glen Hansard, Markéta Irglovà, Bill Hodnett – Genere: Drammatico, colore, 91 minuti – Produzione: Irlanda, 2006 – Distribuzione: Sacher Distribuzione – Data di uscita: 30 Maggio 2008.

oncePremiato con l’Oscar per la migliore canzone originale, “Once” ha fatto vibrare tutta l’Irlanda. Una splendida storia di due ragazzi a Dublino, alla prese col mondo della musica e con una relazione amorosa particolare. Lui (Glen Hansard), cantante irlandese di strada, con un gran talento e il cuore straziato da una donna, lei (Markéta Irglovà) cantante ceca, figlia di un violinista suicida.

Il loro incontro casuale si rivela essere la carta giusta con la quale fare un passo avanti negli ambienti discografici. Due persone diverse si ritrovano gettate per una settimana a condividere le emozioni più forti, suscitate dalla melodia delle loro voci. Con un finale più onesto che hollywoodiano, John Carney ci trasmette una meravigliosa avventura. Il film, ispirato per gran parte alla vera storia di Carney, giovane musicista con sogni di gloria, è condotto con estrema linearità.

Una narrazione leggera, ma dai forti contrasti emotivi, raccontata attraverso la semplicità della scena: luci, persone e luoghi sono comuni, minimalisti. Il filo conduttore è la musica, sia nella pellicola che nella scrittura della sceneggiatura. John Carney assieme a Glen Hansard, cantante e chitarrista, nonché fondatore del gruppo rock irlandese The Frames, hanno dato vita a questo lavoro ognuno col supporto dell’altro. Il regista si ispirava alle musiche di Glen e poi consigliava altri pezzi al cantante. I testi delle canzoni, scritte appositamente per il lungometraggio, sono una chiave importante di lettura delle emozioni e dei sentimenti trasmessi dagli attori.

Con questa terza regia, John Carney ha dato la parola ad una voce sommessa dentro di sé, quella del musicista, e, trasportandola sul grande schermo, è riuscito a farne emergere lo spessore che merita.

Jacopo Lubich

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