“Oltre le colline” di Cristian Mungiu, un film tecnicamente perfetto e ben interpretato, ma spiazzante e difficile
(Dupa dealuri) Regia: Cristian Mungiu – Cast: Cosmina Stratan Flutur, Valeriu Andriuta, Dana Tapalaga, Catalina Harabagiu – Genere: Drammatico, colore, 155 minuti – Produzione: Romania, 2012 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 31 ottobre 2012.
Alina e Voichita sono due giovani cresciute in orfanatrofio, legate da profondo amore. Una delle due, Alina la più energica, dopo essere stata affidata ad una famiglia adottiva e dopo essere scappata per andare a lavorare in Germania, torna in Romania per ritrovare la vecchia amica. Peccato che quest’ultima, accolta nel monastero locale, sia diventata una suora ortodossa. Tra Dio, in una comunità basata sull’integralismo più totale, e Alina, la giovane suora sceglierà il primo. E per Alina, sarà l’inizio della follia.
Non è un film facile quello di Cristian Mungiu, che non concede nulla alla speranza per un futuro migliore. Sin dalla prima inquadratura, lo spettatore si sente oppresso da una cappa scura. E così si deve sentire Alina, che combatte per il suo amore ma trova intorno a sé solo indifferenza, a cominciare proprio da Voichita. Il padre ortodosso del monastero ha molto del guru che plagia le sue giovani consorelle. Nessuno dei protagonisti del film riesce a vedere fuori dalla caverna, che invano viene raccontata dalla povera vittima predestinata Alina. Sono tutti lì chiusi al buio delle loro rigide regole e il diverso è destinato ineluttabilmente a soccombere, senza che quasi nessuno se ne accorga.
Tutta la storia di “Oltre le colline” è raccontata con una freddezza che fa paura. La camera viene usata sapientemente con lunghi piani sequenza e la prospettiva è assolutamente oggettiva. Nel mondo di Mungiu non c’è posto per la pietas e l’amore nel senso più alto del termine. In fondo, anche il tema dell’omosessualità è soltanto un pretesto per raccontare una storia, ispirata ad un fatto veramente accaduto nel 2005.
Detto questo, a prescindere dalla perizia tecnica del regista e anche dalla bravura delle due interpreti, il risultato è spiazzante, per non dire di più. La parola “Dio” diventa assolutamente vuota di senso, anche per il credente, per non parlare di chi non lo è. Non c’è la religione bella e piena de “Les homme de Dieu” di Xavier Beauvais, che parla anche al cuore dei laici, ma un incubo senza fine per tutti, spettatore in primis.
Il film è prodotto dai fratelli Dardenne, che non sono nuovi ad una visione della vita che di rosa ha veramente poco. Mungiu, già Palma d’Oro per “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” nel 2007, con “Oltre le colline” al 65° Festival di Cannes, si è visto insignire del Best Screenplay e del Best Actress premio ex equo alle due protagoniste Cosmina Stratan e Cristina Flutur. Il verdetto è stato accolto non senza qualche perplessità e di certo chi scrive rientra in questa categoria. Del resto, spesso i premi dati ai festival non sono molto condivisibili.
“Oltre le colline” è soltanto un polpettone lunghissimo di ben due ore e mezzo sul libero arbitrio e su un mondo dove domina il conformismo, mascherato da integralismo religioso. Ciò nonostante, resta un prodotto tecnicamente molto ben fatto, che per piacere necessita di un atto di fede. Peccato per chi non e l’ha.
Ivana Faranda