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Oliver Twist – Recensione

Roman Polanski incontra un classico della letteratura: “Oliver Twist” di Charles Dickens

Regia: Roman Polanski – Cast: Ben Kingsley, Barney Clark, Lewis Chase, Jake Curran, Harry Eden, Frank Finlay, Jamie Foreman, Chris Overton, Leanne Rowe, Mark Strong, Jeremy Swift, Joseph Tremain, Richard Durden – Genere: Drammatico, colore, 130 minuti – Produzione: Gran Bretagna, Francia, Repubblica Ceca, 2005 – Distribuzione: Medusa – Data di uscita: 21 ottobre 2005.

oliver-twistPiccole mani intente a lavorare la stoppa che servirà per le navi delle regina, uomini neri che portano via i bambini come quelli delle filastrocche e carrozze che sfrecciano sullo sfondo di una Londra dei primi dell’Ottocento abbrutita dai postumi della Rivoluzione Industriale, sono solo alcuni degli ingredienti del film di Roman Polanski, intitolato “Oliver Twist”.

Nato orfano in un mondo senza giustizia, il personaggio di Oliver Twist possiede nella realtà due padri, rispettivamente Charles Dickens e Roman Polanski, che in comune con il bambino che l‘uno avrebbe creato e l’altro rappresentato, hanno certamente un’infanzia segnata. Se dopo la carcerazione del padre per debiti il piccolo Dickens, infatti, dovette lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe, la stessa sorte di abbandono e umiliazione tocca al giovane Polanski, che rinchiuso nel ghetto di Cracovia dai nazisti, assiste alla morte prematura della madre nel campo di sterminio di Auschwitz. Forse per questo destino comune, successivamente foriero di un riscatto economico e sociale, la trasposizione operata dal regista polacco offre davvero la possibilità di rivivere il dramma delle pagine redatte dallo scrittore inglese, seppure assottigliate nella trama e nelle finalità.

Ad affascinare fin dalle primissime riprese, non solo lo stile recitativo degli interpreti, tra cui un magistrale Ben Kingsley nella parte del malvagio ricettatore Fagin, ma anche i costumi, panciotti di seta, favoriti canuti, stracci e merletti, uniti a un uso della fotografia, quella di Pawel Edelman, che permette con facilità allo spettatore di calarsi in uno scenario quasi fiabesco, fatto di cieli,di case e di mostri come solo un bambino saprebbe immaginare.

Un apprezzamento particolare va poi alla performance del baby-attore Barney Clark, scelto per la parte di Oliver, che grazie al volto angelico e i modi delicati non può che essere conteso per tutto il film tra gentiluomini e ‘predoni’; è sullo sguardo assai comunicativo di questo bimbo che si posa per l’ultimissima scena la telecamera di Polanski: il finale è lieto ma la verità è che nemmeno un futuro di riscatto potrà mai cancellare le offese del passato, per questo lo sguardo è triste e amaro, ma meno se a cingerci c’è il braccio di un padre o di qualcuno appena ritrovato.

Cecilia Sabelli

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