Biopic sulla vita del famoso rapper Notorious B.I.G, dagli esordi alla fama
Regia: George Tillman Jr. – Cast: Jamal Woolard, Mohamed Dione, Derek Luke, Dennis L.A. White, Marc John Jefferies, Angela Bassett – Genere: Drammatico, colore, 122 minuti – Produzione: USA, 2008 – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di uscita: 17 luglio 2009.
Nato alla fine degli anni Settanta negli USA il rap, componente vocale della più ampia cultura hip hop, ha conosciuto solo nella prima metà degli anni Novanta un’esplosione commerciale planetaria aiutata anche dal grande risalto che i media di tutto il mondo diedero allo scontro fisico e verbale tra le sue due più importanti correnti: la east coast e la west coast.
I primi rivendicavano la paternità del genere, i secondi la sua definitiva consacrazione nonché la creazione del gangsta rap, incentrato sull’esaltazione di uno stile di vita fondato sui soldi, la droga, il sesso facile e le armi. Uno dei massimi esponenti della scuola orientale è stato senza dubbio Notorious B.I.G., al secolo Christopher Wallace, nato e cresciuto dalla sola madre nel quartiere di Brooklyn, NYC.
Dopo un infanzia segnata dal complesso per il suo sovrappeso e un adolescenza legata al consumo e allo spaccio di crack, arriva rapidamente al successo nella musica grazie ad un indubbia capacità di raccontare in rima storie autobiografiche in cui molti ragazzi afro-americani possono facilmente identificarsi. Sotto la produzione di Puff Daddy, trova soldi, donne e fama ma entra anche in conflitto con la scuola californiana, di cui il carismatico Tupac Shakur è il principale esponente, innescando una serie di provocazioni e minacce che sfociano presto in sanguinose rappresaglie.
Il biopic di George Tillman Jr. arriva in Italia ad oltre sette mesi dalla release americana, in un periodo dell’anno in cui i fondi di magazzino e grandi blockbuster occupano stancamente i pochi cinema che scelgono di rimanere aperti. In realtà “Notorius” meriterebbe maggiore attenzione per la cura con cui viene ricostruito il percorso umano e artistico di un ragazzone di colore dotato di una brillante parlantina e di una grossa tenacia nel perseguire il sogno di sfondare nella musica come unica via di salvezza dal degrado della droga.
La ricostruzione degli ambienti è realistica, dallo squallore della strada ai raffinati uffici delle case di produzione fino alle grandi arene dei concerti, rendendo il film coinvolgente anche grazie ad una generale, ottima performance attoriale, in cui spicca una Angela Bassett per la quale le lancette del tempo sembrano essersi fermate. Quello che la pellicola lascia però irrisolta o quantomeno non esplicita è la dinamica che porta in breve tempo allo scontro tra B.I.G. e Tupac, in principio grandi amici poi acerrimi rivali, trascurando il ruolo che le loro case discografiche (rispettivamente la Death Row e la Bad Boys Records) ebbero nell’esacerbare i contrasti, al fine di trovare maggiore eco nei media e ritagliarsi una fetta di mercato sempre maggiore.
Ancora una volta va infine sottolineato il ruolo negativo che il doppiaggio gioca in un film che, per larga parte, si basa su parti cantate. Se si opta, come da italico costume, nella traduzione sempre e comunque (e dio solo sa quanto può essere limitante farlo con lo slang degli afroamericani) non possono essere esclusi, causa disorientamento assoluto dello spettatore non addentro a questa cultura musicale, proprio i testi delle canzoni, che spesso fungono da raccordo narrativo e causa scatenante di molte delle reazioni dei protagonisti.
Vassili Casula