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Nessuno mi pettina bene come il vento – Recensione

Con questa sua nuova pellicola Peter Del Monte decide di dare un volto alla solitudine proponendo una pellicola che nonostante sia sorretta da ottime interpretazioni non riesce a coinvolgere totalmente lo spettatore

Regia: Peter Del Monte – Cast: Laura Morante, Denisa Andreea Savin, Jacopo Olmo Antinori, Maria Sole Mansutti, Massimiliano Carradori, Aurora Garofalo, Marco Paparoni, Giada Cortellesi – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Produzione: Italia 2013 – Distribuzione: Academy2 – Data di uscita:10 aprile 2014.

nessunopettinavento“Siamo soli” cantava Vasco Rossi in una famosa hit del 2001 ed è proprio il tema della solitudine e del pregiudizio che anche Peter Del Monte sceglie di sviscerare in questa sua ultima produzione cinematografica. Ad esserne protagoniste sono Arianna, una scrittrice che dopo una dolorosa separazione ha deciso di ritirarsi in una sorta di esilio volontario in una villa vicino al mare, e Gea, la figlia undicenne della giornalista che arriva a casa sua per intervistarla e che inspiegabilmente convince la madre a farla rimanere in quella casa con una persona sconosciuta piuttosto che andare dalla nonna o dal padre mentre la madre Erica è via per lavoro.

E’ proprio sull’interazione tra questi due personaggi che Peter Del Monte plasma l’intera sceneggiatura del film scritta con Gloria Malatesta e Chiara Ridolfi e sono proprio loro ad essere il veicolo di uno dei sentimenti più analizzati dai cineasti nell’ultimo periodo ovvero la solitudine. Nel caso del film di Peter Del Monte la solitudine viene interpretata non solo come una condizione casuale in cui ognuno si può ritrovare magari dopo la fine di una storia d’amore importante ma anche come uno stato causato dalla volontà di allontanare gli altri sulla spinta dei propri pregiudizi e della paura di esperienze dolorose già vissute in passato. Arianna, personificazione di queste sentimenti, vedrà pian piano sgretolare il muro che si era costruito intorno proprio a causa dell’irruzione prepotente di Gea nella sua vita.

Come in “Nelle tue mani” anche in questa pellicola Del Monte congegna una sorta di gioco degli specchi in cui ogni personaggio trova in un altro il suo alterego ma anche il suo contrario. E questo il caso di Gea, undicenne misteriosa e complicata, che come Arianna incarna il sentimento della solitudine in questo causata da fattori esterni come la separazione dei genitori e all’abbandono del padre che intanto si è rifatto una nuova famiglia che non l’hai mai accettata e che anzi prova fastidio nei suoi confronti perché la percepisce come diversa. La ragazzina, una volta incontrata Arianna e soprattutto Yuri, il ragazzino per cui avrà la prima cotta, si sente inevitabilmente attratta da loro come la Terra dal Sole perché in essi riconosce se stessa ed anche il suo bisogno di essere capita ed ascoltata, incarnando alla perfezione il concetto espresso da Aristotele in un suo famoso aforisma in cui diceva che due amici non sono null’altro che un’anima sola divisa in due corpi.

Sebbene Del Monte costruisca quindi una sceneggiatura in realtà densa di significato e che porta anche lo spettatore a riflettere su alcuni aspetti della nostra vita, questa è tutt’altro che priva di difetti. La pellicola infatti più che di dialoghi si presenta come ricca di silenzi, sguardi e frasi lasciate a metà trasmettendo in un certo modo un senso di indeterminatezza e per lasciare allo spettatore il compito di tirare le fila di ciò che viene narrato sullo schermo. Questo senso di vaghezza si riflette anche nella caratterizzazione di alcuni personaggi secondari appena abbozzati, che appaiono e scompaiono come delle meteore apparentemente senza nessun motivo ed il cui ruolo all’interno della pellicola non sembra in realtà assumere nessun senso se non quello di un ulteriore specchio per la coscienza dei protagonisti facendoli risultare inutili al progredire della vicenda.

 Nonostante le ottime prove date dai protagonisti della vicenda in primis della giovanissima Andrea Denisa Savin, interprete di Gea qui al suo debutto sullo schermo, e una sceneggiatura nel suo complesso priva di lampanti incoerenze, non riesce a confezionare una pellicola ricca di tensione e di dolore come “Nelle tue mani”. Se con il film precedente infatti l’animo di chi guardava veniva scosso nel profondo qui l’emozione provocata in chi guarda è assai meno percepibile.

Mirta Barisi

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