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N-Capace – Recensione

Una pellicola di densa originalità che oscilla fra la performance, il teatro e il cinema

Regia: Eleonora Danco – Cast: Eleonora Danco – Genere: Drammatico, colore, 80 minuti – Produzione: Italia, 2014 – Distribuzione: Bibi Film – Data di uscita: 19 marzo 2015.

n-capaceOriginale, forte ed energico sono i primi tre aggettivi che vengono in mente mentre scorrono i titoli di coda.

L’opera cinematografica che porta il marchio di Eleonora Danco, scrittrice, regista e interprete, ha un sapore inebriante, gode di un fascino magico. Fascino che risiede nelle immagini di impatto consistente, dotate di un’interessante contrapposizione tesa a suscitare provocazioni. Provocazioni che la regista lancia nelle immagini proposte agli spettori, nelle domande che pone ai soggetti intervistati ma anche nei movimenti e nelle posizioni che fa assumere ai loro corpi. Le coordinate con le quali siamo abituati a inserire e vedere persone e oggetti si sfilacciano: tuniche romane di fronte palazzi di nuova costruzione, anziani in posizioni inconsuete, oggetti ‘fuori dall’abituale contesto’.

Un’operazione che intende colpire lo spettatore, concentrare l’attenzione sulle emozioni e sensazioni al di là di ciò che le scene significano. Infatti ciò che viene indagata è la memoria emotiva e dei personaggi centrali del film e della scrittrice-interprete che attraverso i racconti di adolescenti e anziani ripercorre, ricostruisce e approfondisce il proprio mondo memoriale.

Interessante, in riferimento al personaggio di Eleonora, infatti, sono da una parte i piedi scalzi, con i quali appare in tutte le scene, che evidenziano il legame e la volontà di immergersi nelle proprie radici, dall’altra il letto dalle lenzuola bianche che attraversa i luoghi più disparati – stazione, piazze, spiaggia, strade – tanto da costituire un significativo leitmotiv in quanto emblema della propria angoscia e del proprio tormento persistente.

Facce, voci, resoconti di vita, ricordi, considerazioni e opinioni costituiscono la vena pulsante dell’intero film che oscilla fra Roma e Terracina, tra il mare e la montagna, tra la città e la compagna, tra la gioventù e la vecchiaia, fra l’inizio e la fine, tra la vitalità e l’angoscia, tra la capacità e l’incapacità.

Delucidante è proprio il titolo che mette in evidenza, attraverso il trattino che separa la “N” da “Capace”, un dubbio e una possibilità che irrora la pellicola oltre che nel contenuto anche nella struttura in quanto sfugge a qualsiasi definizione di genere: è un documentario, un reportage, un’inchiesta? Quello che appare evidente è la natura ibrida del film che propone un linguaggio sui generis che attinge all’arte performativa, teatrale – dalla quale proviene la regista imbattutasi per la prima volta nel cinema – e a quella pittorica. Forte, infatti, è l’impronta di De Chirico all’interno delle scelte di fotografia e inquadratura.

Un linguaggio ‘artificiale’ in grado però di conservare la spontaneità, la naturalezza e la vitalità dei personaggi protagonisti. Una capacità che diventa sede di originalità ed energia oltre che la carta vincente per conquistare lo spettatore.

Dunque, il film che ha ricevuto gli elogi di Nanni Moretti e la doppia menzioni speciale da parte presidente della giuria, Ferzan Ozpetek, all’ultimo Torino Film Festival, interroga, colpisce e indaga le vene più intimamente umane dell’uomo.

Marianna Cifarelli

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