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My Flesh My Blood – Recensione

Esordio alla regia per Marcin Wrona con un film intenso, ma poco convincente su due destini che si uniscono

(Moja krew) Regia: Marcin Wrona – Cast: Eryk Lubos, Luu De Ly, Wojciech Zielinski, Krzysztof Kolberger, Malgorzata Zajaczkowska, Marek Piotrowski, Joanna Pokojska, Monika Kwiatkowska – Genere: Drammatico, colore, 90 minuti – Produzione: Polonia, 2009.

myfleshmybloodIl battito d’ali di una farfalla è il preludio di uno sconvolgimento dall’altra parte del mondo. È questa un’idea che da anni governa gli amanti delle teorie sul destino e che ha ispirato il primo film di Marcin Wrona. L’incontro di due anime, fragili e impetuose, è alla base di “My Flesh My Blood”.

Igor è un pugile che non può più combattere, Yien Ha è invece un’immigrata vietnamita che lavora in un piccolo ristorante etnico. Quel destino tanto osannato li fa incontrare, un accordo suggellato da sguardi e conseguenze per migliorare un poco l’esistenza di ciascuno nell’abbraccio dell’altro (sconosciuto). Wrona filma Varsavia come se fosse un crocevia di anime, un’asciutta visione della vita in cui l’orizzonte appare sempre più distante e i corpi si toccano senza mai incontrarsi veramente.

Il regista ci porta per mano nella loro vita di coppia, che dopo i gelidi accordi presi in precedenza cede il passo al sentimento, l’emancipazione dei due che avranno nel figlio il lasciapassare di una nuova esistenza, unita nel contesto storico sociale tipico dell’Europa dell’est. Se basterà a salvare le loro anime questo dipendere dalle scelte che ciascuno, coinvolgendo il pubblico, metterà in campo, passo incerto dopo l’altro. Fino all’inevitabile conclusione, in cui poche volte si lascia spazio ai sentimentalismi o alla benevolenza dell’autore.

Il bene cercato altrove spesso è illusorio e altrettanto passeggero. Tralasciando alcuni passaggi a vuoto di coerenza sceneggiativa, la pellicola appare come una riflessione suggestiva ma poco approfondita sul riscatto di due mondi distanti enormemente tra loro, l’unione al vertice sessuale di due culture che per risolvere il proprio malessere si affidano al fato.

Che la storia ci insegna regala sempre sorprese, da qualunque lato la si guardi, in positivo e negativo, in basso e in alto. Proprio come il battito d’ali di una farfalla, che scompiglia il set di sangue e carne, portando in dote un film intenso ma alla fine dei conti poco incisivo.

Simone Bracci

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