Eco Del Cinema

Matrimoni e pregiudizi – Recensione

Bollywood sforna un’altra commedia divertente sull’amore e le tradizioni indiane, per la regia di Gurinder Chadha, la stessa di “Sognando Beckham”

(Bride and Prejudice) Regia: Gurinder Chadha – Cast: Aishwarya Rai, Martin Henderson, Daniel Gillies, Naveen Andrews, Nitin Ganatra, Namrata Shirodkar, Indira Varma, Anupam Kher, Thierry Ashanti, Sonali Kulkarni, Marsha Mason – Genere: Commedia, colore, 105 minuti – Produzione: USA, India, 2004 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 10 dicembre 2004.

matrimoni-e-pregiudiziGirato nel 2004 con la regia di Gurinder Chadha, reduce dal successo di “Sognando Beckham” (2002), “Matrimoni e pregiudizi” segue in maniera fedele la trama di “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen, da cui è tratto, e racconta la ricerca del principe azzurro. Non siamo però agli inizi del 1800, né tra i boschi e la campagna inglese, ma in epoca contemporanea, nell’India del boom economico ma anche delle tradizioni fortemente radicate nei suoi abitanti. Quindi niente crinoline per le protagoniste e ville nella brughiera, ma eleganti e leggere sari con cui si muovono nel caotico traffico indiano tra risciò e vacche sacre.

È qui che le sorelle Bakshi guidate dall’esuberante e spesso imbarazzante madre, vivono i loro amori, le loro speranze e le loro delusioni. Come nel romanzo della Austen, è la seconda, Lalita, a incontrare, e non riconoscere immediatamente, il grande amore Darcy, giovane ricco americano, senza tanti complimenti bollato come “arrogante, presuntuoso e vanitoso”.

Ci vorranno le disavventure di una delle sue sorelle, scappata a Londra con un playboy, il matrimonio di una cara amica con un uomo da lei rifiutato e un viaggio a Los Angeles per aprirle gli occhi. Nulla di nuovo dal punto di vista narrativo, ma differenti sono le location, la regia e il cast. Innanzitutto l’India, terra d’origine della regista. Il film si apre con un suggestivo tramonto davanti al Tempio d’Oro di Amritsar, grande città del Punjab, cuore della religione Sikh e ci porta poi a seguire i battibecchi tra Lalita e Darcy sulle lunghissime spiagge di Goa, meta obbligata degli Hippy negli anni ’70.

Qui tra un tramonto infuocato e una passeggiata al chiaro di luna, Lalita conoscerà Johnny, mascalzone rubacuori che porterà scompiglio in tutta la famiglia. Poi altri luoghi da cartolina come le vedute aeree di Londra con il Big Ben, la cupola della Cattedrale di San Paolo, il Tower Bridge, la Ruota Panoramica e i battelli sul Tamigi. E ancora gli svettanti grattacieli di Los Angeles, le sue spiagge paradiso per i surfisti, gli esterni del Guggenheim e le splendide immagini aeree del Grand Canyon che Darcy farà scoprire a Lalita con un romantico viaggio in elicottero. Il tutto girato in puro stile Bollywood.

L’industria del cinema indiano, la più prolifera al mondo, da oltre 30 anni produce più pellicole di Hollywood, ha regole precise per incontrare il gusto del suo vasto pubblico: essenziali balli e danze, accompagnati da musiche accattivanti, un uso attento e sapiente dei colori, nei costumi e nelle scenografie, un lieto fine e mai, assolutamente mai, scene erotiche, neppure un bacio appassionato, che risulterebbe sgradito all’etica degli spettatori. Altrettanto essenziale il cast. Come in ogni film indiano gli attori non solo devono sapere recitare, ma anche ballare e cantare. Qui la scelta è caduta innanzitutto sulla regina incontrastata del cinema hindi: Aishwarya Rai, splendida miss Mondo nel 1994, attrice 34enne con all’attivo decine e decine di ruoli e lanciatissima anche in Occidente, testimonial di molte campagne pubblicitarie, da L’Oréal a Breil, ospite ogni anno del Festival del Cinema di Cannes. Altro volto noto è quello di Naveen Andrews.

L’attore inglese, di chiare origini indiane, debuttò nel 1996 ne “Il paziente inglese” di Anthony Minghella, ma è arrivato al successo mondiale come protagonista del serial tv Lost, dov’è l’ex militare iracheno Sayid Jarrah. Il bello di turno è Martin Henderson, attore neozelandese che abbiamo visto anche in “The Ring” accanto a Naomi Watts. Alla fine ne risulta una pellicola molto legata alla cultura indiana, ma leggera e spensierata.

Barbara Mattiuzzo

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