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Mank (2020)

Recensione

Mank: una critica in puro stile classico

Mank review

“Mank” non è il solito film biografico. Possiamo considerarlo come una sorta di biografia nella biografia. David Fincher immerge lo spettatore nella Hollywood degli anni Trenta, e non lo fa solamente con degli ottimi costumi o scenografie: tutto richiama i film di quel periodo, dallo stile della regia (che a tratti riprende il gusto dello stesso Orson Welles), al sonoro riprodotto ovattato come le pellicole di quegli anni, fino a piccoli artifici a livello visivo, come il bianco e nero, l’illuminazione sui volti degli attori o dei piccoli ‘difetti’ di pellicola artefatti.

“Mank” racconta la storia di Herman J. Mankiewicz, interpretato da un perfetto Gary Oldman, ma non lo fa in modo classico, come la Hollywood che rappresenta. Utilizza gli stessi salti temporali di “Quarto Potere”, che portano a una sensazione di confusione, senza comprendere più quale sia il passato o il presente della vita di Mankiewicz, come fece la stessa pellicola di Welles quando uscì nelle sale americane.

Il lato oscuro della Hollywood anni Trenta

Mank scena film

La storia, quindi, non mostra solo la biografia del problematico sceneggiatore, che lotta quotidianamente con le sue dipendenze, ma anche la vita della Hollywood degli anni Trenta. La regia si sofferma sui set cinematografici, i red carpet, lo star system che da sempre affascinano, ma al tempo stesso rivela anche il lato oscuro di questo mondo. Una volta svaniti lo sfarzo, i sorrisi e i riflettori, David Fincher ci presenta le costruzioni, gli inganni, le dipendenze e le corruzioni che si celano dietro questa realtà (perfettamente incarnata dalla splendida Amanda Seyfried, che interpreta l’attrice Marion Davies), che giunse perfino a disconoscere e odiare Mankiewicz, uno scrittore prima osannato.

Mankiewicz decide di abbandonare questa realtà fatiscente, di riportarla nella sua sceneggiatura più importante e controversa, e di combatterla, non con la spada, ma con un’arma più potente: la sua penna.

“Mank” è lo specchio che riflette la Hollywood degli anni Trenta, imitando persino i suoi stilemi, ma anche puntando il dito contro di essa, rivelando ciò che da sempre è stato celato dalla magia artificiale del cinema classico: la cruda verità, che invece Mankiewicz ci offrì in “Quarto Potere”, sovvertendo completamente la storia della Settima Arte.

Federica Contini

Trama

  • Regia: David Fincher
  • Cast: Gary Oldman, Lily Collins, Charles Dance, Arliss Howard, Amanda Seyfried, Tom Burke, Joseph Cross, Sam Troughton, Toby Leonard Moore, Tom Pelphrey
  • Genere: Drammatico, b/n
  • Durata: 131 minuti
  • Produzione: USA, 2020
  • Data di uscita: 4 dicembre su Netflix

Mank poster“Mank” è una pellicola del 2020 diretta da David Fincher, regista talentuoso e poliedrico, che catapulta lo spettatore nella Hollywood degli anni Trenta. La pellicola racconta la storia del problematico sceneggiatore Herman J. Mankiewicz: il genio che scrisse il magnifico “Quarto Potere”.

Mank: la Trama

In un ranch a Victorville, Herman J. Mankiewicz è costretto a letto, a causa di un incidente in auto, e sta lavorando alla sceneggiatura per un film di una giovane promessa del cinema: Orson Welles.

Nel 1940 la RKO ha firmato un contratto con il 24enne Orson Welles che gli garantisce libertà creativa su ogni aspetto del suo primo lungometraggio, tra cui la scelta dei suoi collaboratori. Tra tutti gli sceneggiatori presenti ad Hollywood, Welles sceglierà proprio Mankiewicz, uno scrittore ormai alla deriva con problemi di alcolismo e gioco d’azzardo.

Il temperamento testardo dell’uomo, il suo talento e le esperienze della sua vita gli permetteranno di creare la sua opera più grande: “Quarto Potere”.

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