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L’uomo che verrà – Recensione

La strage di Marzabotto rivissuta attraverso lo sguardo di Martina, una bambina che vive in campagna con la famiglia

Regia: Giorgio Diritti – Cast: Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Claudio Casadio, Greta Zuccheri Montanari, Stefano Bicocchi, Eleonora Mazzoni, Orfeo Orlando, Diego Pagotto, Bernardo Bolognesi, Stefano Croci, Zoello Gilli, Francesco Modugno, Maria Grazia Naldi, Laura Pizzirani – Genere: Drammatico, colore, 117 minuti – Produzione: Italia, 2009 – Distribuzione: Mikado – Data di uscita: 22 gennaio 2010.

luomocheverra“L’uomo che verrà” di Giorgio Diritti, presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2009, dove ha vinto il Marc’Aurelio d’Oro del pubblico al Miglior Film e il Gran Premio della Giuria Marc’Aurelio d’Argento.

Una pellicola difficile per l’argomento trattato, la strage di Marzabotto, e per il modo in cui Diritti lo fa, lasciando che i suoi protagonisti parlino un dialetto bolognese strettissimo, che per essere compreso necessita di sottotitoli.

I tragici eventi accaduti sull’appennino emiliano nell’inverno tra il 1943 e il 1944 sono osservati attraverso gli occhi ingenui, ma che molto hanno già visto, della piccola Martina, chiusa in un silenzio fin troppo eloquente che cerca di sopravvivere insieme alla famiglia contadina, nell’attesa che arrivi una nuova vita, quella dell’uomo che verrà, fonte di speranza per un presente che sembra non contenerne affatto. Intanto mentre si fatica a mettere insieme il pranzo con la cena la Seconda Guerra Mondiale si fa sentire anche nella campagna del piccolo paese, dove è forte l’invadenza dei soldati tedeschi e delle squadre di partigiani. La strage di Marzabotto, tra fine settembre e inizio ottobre del 1944, coincide con la nascita del fratellino di Martina, che si oppone con forza a uno scenario sconsolato di morte.

La regia di Giorgio Diritti è lucida e cruda e ci restituisce un’immagine dell’avvenimento storico attraverso il punto di vista di chi di quel dramma è stato protagonista, senza tuttavia cedere al facile patetismo, atto a commuovere per far presa sullo spettatore. Nonostante ciò, il film colpisce come un pugno allo stomaco e lascia l’amaro in bocca per un passato dove la povera gente è abbandonata a se stessa e in un contesto specifico in cui protagoniste sono solo le vittime: i civili, le cui azioni diventano eroiche nella quotidianità che sono costretti ad affrontare senza aiuto alcuno. Un grande film che dimostra che il cinema italiano può ancora emozionare e regalare opere di qualità.

Salvatore Buellis

L’uomo che verrà – Recensione

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