Eco Del Cinema

L’ultimo esorcismo – Recensione

“L’ultimo esorcismo”: pellicola che si colloca nel filone iniziato da “L’esorcista”, mescolando una trama poco avvincente e per nulla originale a uno stile registico alla “Blair Witch Project”

(The Last Exorcism) Regia: Daniel Stamm – Cast: Patrick Fabian, Ashley Bell, Iris Bahr – Genere: Horror, colore, 87 minuti – Produzione: USA, 2010 – Distribuzione: Eagle Pictures – Data di uscita: 3 dicembre 2010.

utlimoesorcismo“Se credi in Dio, devi credere anche nel Diavolo”. Con questo slogan, ‘tertium non datur’, il regista semiesordiente Daniel Stamm porta sugli schermi l’ennesima storia esorcistica, a quasi due anni dal clamoroso exploit al botteghino di “Paranormal Activity”.

Per rinverdire un filone un tantino usurato, sceglie uno stile documentarista con camera a mano, anche questo, però, un espediente non esattamente rivoluzionario (“Cannibal Holocaust”, “Blair Witch Project”, “Rec”, “Cloverfield”, lo stesso “Paranormal Activity”), per raccontare la storia del reverendo protestante Cotton Marcus, abile predicatore un po’ cialtrone, che sceglie di praticare il suo ultimo esorcismo sulla figlia, apparentemente invasata, di un allevatore, accompagnato da un operatore video, che ne segua il lavoro e ne sveli i retroscena. Quello che sembrava un rituale di routine si rivela ben presto una faccenda assai più inquietante.

Primo lavoro da produttore per Eli Roth, che pare si sia entusiasmato leggendone la sceneggiatura. Strano, perché “L’Ultimo Esorcismo” manca totalmente del senso del grottesco e dello humour da sempre elemento che contraddistingue i lavori del primo discepolo di Quentin Tarantino. Chi scrive in realtà è fermamente convinto che un film dell’orrore debba mettere paura e non concedersi ad intermezzi comici, a patto però che il film riesca ad avvincere senza eccessivi cali di tensione o situazioni forzate, le quali, invece, abbondano in questa pellicola, soprattutto nel finale-ribaltone che riesce nel difficile compito di essere prevedibilissimo e allo stesso tempo lasciare tutto inspiegato.

Non tutto è da buttare, comunque, in particolar modo la performance della protagonista Ashley Bell, perfetto incrocio tra la Linda Blair del capolavoro di William Friedkin e la Sissy Spacek di “Carrie”, sorprendentemente snodata nelle sue movenze da posseduta, e l’atmosfera malsana della provincia meridionale americana tra alligatori, case fatiscenti e fanatismo religioso. Amen.

Vassili Casula

Articoli correlati

Condividi