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L’ultima ruota del carro – Recensione

Giovanni Veronesi torna alla regia con una pellicola che ripercorre le tappe fondamentali della vita di una famiglia italiana, dagli anni ’70 ad oggi

Regia: Giovanni Veronesi – Cast: Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Sergio Rubini, Ricky Memphis, Alessandro Haber, Virginia Raffaele, Massimo Wertmüller, Francesca Antonelli, Luis Molteni, Francesca D’Aloja, Maurizio Battista, Elena Di Cioccio, Dalida Di Lazzaro, Ubaldo Pantani – Genere: Commedia, colore, 113 minuti – Produzione: Italia, 2012 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 17 novembre 2013.

ultimacarroIl regista Giovanni Veronesi concepisce “L’ultima ruota del carro” come un ritratto agrodolce di una famiglia italiana attraverso due generazioni, avvalendosi della simpatia e bravura di attori romani come Elio Germano e Ricky Memphis. Per quanto questa pellicola sia rappresentativa di un certo tipo di filone cinematografico italiano, il film propone una storia a tratti drammatica con tono brillante e leggero, ispirandosi alla vicenda di un uomo in carne ed ossa, Ernesto, conosciuto in passato dal regista.

“L’ultima ruota del carro” affronta i momenti salienti della vita del personaggio di Elio Germano, Ernesto, un ‘sempliciotto’ romano destinato ad essere definito un perdente, che non si rende conto di saper sopperire alla mancanza di furbizia professionale con la capacità di circondarsi d’affetto. Il suo amico Giacinto invece rappresenta l’italiano ‘intrallazzone’, disposto a trafficare, reinventarsi anche con metodi poco leciti pur di sentirsi realizzato. Il rapporto tra i due subisce varie battute d’arresto, ma in fondo non si spezza mai, spingendo persino lo spettatore a passare sopra alcuni atteggiamenti poco corretti di Giacinto nei confronti del protagonista. I due si completano, non si ostacolano, perché raffigurano due facce dell’Italia del passato e di oggi.

Giovanni Veronesi mescola l’ironia al dramma, dissimulato con leggerezza, anche grazie alla naturalezza tipica della romanità di attori come appunto Elio Germano, Ricky Memphis o il comico Maurizio Battista. Questi mix si inserisce nel tentativo di ripercorrere le sorti della commedia all’italiana, senza troppe pretese, riuscendo così a costruire un film convincente e coinvolgente nella sua semplicità.

Il regista cerca poi di calare la storia in un contesto sociologico, culturale e politico ben definito, selezionando alcuni momenti standard della storia italiana dagli anni ’70 ad oggi: dalla vittoria dell’Italia ai Mondiali dell’82 al ritrovamento del cadavere di Aldo Moro fino ad arrivare all’ascesa di Berlusconi, tutti filtrati dallo sguardo disincantato di Ernesto.

Un altro elemento importante della storia è il fatto di saper ritrarre amore e amicizia nella loro quotidianità e semplicità. I personaggi del film non mostrano sentimenti patinati, esasperati all’eccesso, perché provano reali sentimenti l’uno verso l’altro e non si servono di grandi gesti per dimostrarlo. Le scene di Angela ed Ernesto a letto, mentre commentano con stupore momenti epocali per il nostro paese, sono rappresentative di un amore vissuto senza pathos, ma con concretezza. In questo il regista riesce a portare sullo schermo la vera storia di uomo del popolo, districatosi nel tempo tra lavori ed avventure di tutti i tipi, senza perdere l’ingenuità che lo ha contraddistinto.

Irene Armaro

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