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L’ultima missione – Recensione

Un noir francese cupo e malinconico del regista Olivier Marchal, un ex poliziotto a confronto con i drammi della professione

(MR 73) Regia: Olivier Marchal – Cast: Daniel Auteuil, Olivia Bonamy, Francis Renaud, Philippe Nahon, Gérald Laroche, Catherine Marchal, Moussa Maaskri, Clément Michu, Guy Lecluyse, Christian Mazzucchini – Genere: Azione, colore, 121 minuti – Produzione: Francia, 2008 – Distribuzione: Medusa – Data di uscita: 18 aprile 2008.

lultimamissioneÈ un mondo senza speranza quello raccontato dall’ultima opera di Olivier Marchal “L’ultima missione”. Distribuito in Italia da Medusa, il film chiude idealmente una trilogia iniziata con “Gangsters”, mai uscito in Italia, e “36 – Quai des Orfevres” del 2004. Quest’ultimo fu salutato dai critici come il ritorno del polar francese e lo stesso si può dire peraltro de “L’ultima missione”, diretto da un ex poliziotto che il noir lo conosce bene. Nelle strade notturne e piovose di Marsiglia si muove Louis Schneider, agente della squadra omicidi che cerca di sopravvivere a se stesso attaccandosi alla bottiglia.

La città è sconvolta da un serial killer che uccide le donne in modo atroce. Nel frattempo, Justine che in passato ha assistito impotente alla morte dei suoi genitori per mano di un assassino, arrestato dallo stesso Schneider, attende la sua uscita per buona condotta. La sua solitudine e quella del poliziotto alla deriva s’incrociano per trovare una via d’uscita. Per entrambi il peso della vita è diventato insopportabile e intorno a loro c’è solo indifferenza e corruzione. Tutto il film parte da questo, da due persone annientate dal dolore che devono convivere con i fantasmi del passato.

Le note malinconiche di una canzone di Leonard Cohen ci presentano subito un Daniel Auteuil quasi irriconoscibile nella sua maschera di dolore. Lui è un perdente, tutto è andato male. Ha perso la sua famiglia in un terribile incidente ed è stato emarginato dai suoi stessi colleghi. Eppure, nonostante tutto, qualcosa resta vivo in lui, in un chiaroscuro malinconico continua a lottare contro le ingiustizie e si preoccupa di salvare il gatto di una delle ultime vittime. Intorno a lui, i suoi stessi colleghi sbirri non appaiono tanto migliori dei delinquenti che combattono.

Uno spiraglio d’umanità s’intravede solo nella collega che cerca di salvarlo nei limiti del possibile. Anche Justine, che non riesce a dimenticare quello che è successo, è ancora portatrice di valori e combatte per ristabilire la giustizia. Sarà lei, apparentemente fragile e indifesa ad aiutare il nostro eroe a chiudere il cerchio, quasi sorta di deus ex machina.

Il film si chiude con il rumore sordo di una MR 73 più conosciuta come Magnum e con il vagito di un bambino, come a significare la vita dopo la morte e la creazione dopo la distruzione. E sì perché in quest’affresco disperato, dove non c’è spazio per la speranza, solo le donne che creano la vita con la loro forza possono salvare il mondo. Sporco, duro, forte: così è “L’ultima missione”. D’altra parte, la storia raccontata è presa dalle cronache francesi di 15 anni fa e lo stesso Marchal, allora in divisa, ha vissuto questa terribile storia sulla sua pelle.

Sognava di cambiare il mondo a 22 anni e con quell’omicidio efferato ha scoperto come la vita può essere crudele. Anche lui dopo diverso tempo ha rincontrato la figlia delle vittime e questo film, come ha confessato dopo la proiezione, è stata l’occasione di liberarsi dei suoi fantasmi né più e né meno del personaggio interpretato da uno straordinario Daniel Auteuil. Affiancato dalle due protagonisti femminili, Catherine Marchal, sua moglie nella vita, e Olivia Bonamy/ Bustine, ha difeso il suo lungometraggio da tutti coloro che l’hanno accusato di essere troppo forte.

Pur sembrando a tratti quasi caricaturale e ed eccessivo, in realtà si racconta la realtà di un mondo dove si sopravvive solo grazie a compromessi e dove non c’è più posto per i perdenti che, nonostante tutto, conservano il loro fascino.

Ivana Faranda

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